Non lo so se quello che ti ho dato, ti basta, figlia mia. Ogni volta che sbuffi e dici che non ce la fai più, spero sempre che … “è solo un modo di dire”, mi ripeto. “Non lo pensa veramente; ce la fa, ce la fa”. E allora scrollo le spalle e ti sorrido e ti rispondo che noi il mondo ce lo dobbiamo portare sulle spalle, che per questo siamo più forti e possiamo sempre fare un passo in più, possiamo sopportare di più, possiamo arrivare così lontano che se ci guardiamo indietro, siamo di nuovo qua, ma abbiamo fatto un giro lunghissimo che non lo sappiamo neanche noi come ci siamo riuscite.
Io volevo fare l’infermiera. Volevo studiare, volevo andarmene; maledicevo tutti i giorni questo quartiere: le stesse facce, le stesse chiacchiere, gli stessi doveri, la stessa vita. Io volevo viaggiare. Volevo essere utile, lasciare un segno, provare un giorno un po’ d’orgoglio per aver reso questo mondo un posto un pochino migliore. E capire cos’è l’amore, vederlo finalmente anche fuori dalla televisione. Scoprire com’è quando un uomo ti guarda, e guarda te perchè sei tu, e ti parla, ti tocca, ti vuole perchè sei tu. Per lui volevo vestirmi, spogliarmi, ballare, sbagliare.
Ma dove volevo andare? E chi mi metteva in testa quelle cose? E “sei femmina, non lo sai che sei diversa?”. Sono rimasta. Le calze contenitive mi aiutano a sopportare il peso dei liquidi che il mio corpo ha iniziato a trattenere, ma lo smalto rosso ogni tanto lo metto ancora; mi affina le mani, mi ricorda che sono donna. E il pipistrello lo porto qui sul petto, così non dimentico che il mondo forse un po’ l’ho salvato anch’io quando ho avuto te.
Allora no, figlia mia. Quando sbuffi e dici che non ce la fai più, non penserò più che è solo un modo di dire. Il mondo lo devi tenere in mano, non sulle spalle e devi essere forte e dirmi che non c’è niente per cui sorridere e scrollare le spalle, perchè tu non vuoi essere me e lontano ci vuoi arrivare davvero, senza guardarti indietro e ritrovarti sempre qua. Tu devi scegliere.
E’ ora di cena. Tuo padre è già qui. Devo affrettarmi ad apparecchiare la tavola. Il vapore sparirà presto e si porterà via questi miei pensieri: devo ricordarmi di cancellare le impronte dal vetro del piano cottura, anche se non c’è nessuno che controluce potrebbe leggere le mie parole.

Foto di Sam Gregg – Progetto “See Naples and Die”

UNO SCRITTO DI Cinzia Suglia, PRODOTTO DURANTE IL NOSTRO CORSO ONLINE STORIE NELLE CANZONI DELL’ESTATE, CORSO DI SCRITTURA ONLINE

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