Giordano armeggia con disinvoltura tra gli affari dei fratelli Colapicco e i suoi. I primi si conteggiano sulla colonnina del distributore del gas metano. Gli altri, i suoi, sono volatili, più del gas, ma sono fatti di una sostanza inesauribile.
Nel frastuono dei clacson, tra le battute che rimbalzano attraverso i finestrini aperti nello splendore ingenuo di giugno, Giordano ascolta la sua musica. A volte con le cuffie nel gabbiotto a vetri, a volte a tutto volume lasciando che si diffonda nell’aria canicolare del primo pomeriggio, a volte se la canta nella mente, sussurandosela a bocca chiusa, mentre rimbocca i serbatoi delle auto in fila, a dire il vero sempre meno numerose negli ultimi giorni. A volte canta proprio lui, colorando di sicurezza tenorile la sua voce monotona di ragazzo senza età.
“Quest’anno, forse, ce la faccio!”
“A fare cosa Giordà?”
“Ad andare alla Scala, a Milano.”
“Ma che dici Giordà, l’hai visto che ci sta la guerra, l’hai visto che di sto passo conviene più la benzina che il gas?”
“E che non lo so, prima o poi la guerra deve finire! Fino a dicembre si saranno calmati tutti quanti!”
Intanto, con ironia imbronciata, spia le reazioni dei clienti nell’incedere vorticoso degli euro sul display.
Non gli resta che riprendere il suo canto e ritornare agli affari suoi, più volatili del gas, ma inesauribili: “Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infrantooo. Ridi, Pagliaccio, del duol che t’avvelena il cooor”.

testo di Angelica Didio per I racconti scritti dell’estate

Photo by Scott Webb on Unsplash

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