Sono diventata così sensibile al freddo,
così azzurra che
la mia pelle mi commuove,
la mia pelle è un tappeto infinito di pietre sconnesse,
tane segrete e voraci,
dirupi impercettibili e altissimi
dove la vista si perde tra campi di cavoli viola
e spaventapasseri dalle iridi mute.
Sulle ciglia ho pulviscolo di sale e di vento,
nuove storie spietate
che ondeggiano pungenti e si insinuano
tra i cunicoli storti delle mie narici.

L’aria tutta qui intorno sa di dolce, feroce abbandono
e piove,
piove forte da ieri sui miei timpani stanchi,
temporali di parole incessanti
sulle lenzuola del tuo letto disfatto e pieno di tracce,
prove bianche del mio passaggio incurante,
né donna né pesce son io,
né terra né mare sopporto,
soltanto mi muove la smania che ho dentro
le vene, la bocca e il palato
e fa sì che il sapore di te
mi resti attaccato ai molari,
ai canini che affondo nel petto di Giove
quando mi prende la curiosità di saper che succede
se rinuncio a mio padre,
per poi rinascere nella schiuma bollente di un lunghissimo canto
nella ferita pulsante di un minuscolo altrove.

Io voce dell’alterità, spazio del desiderio, seducente incarnazione del male,
mito, favola, leggenda, oscuro incantamento anelato
dall’inespresso consumato:
un mondo innocentemente crudele
in cui ho ventinove anni per sempre
e son copia non solo perfetta
ma persino sbiadita dell’istmo in cui vivo,
di un posto fantastico che nessuno ha mai visto,
eccetto, forse, l’ombra che sempre ti accompagna.

Cristina Carlà

Licenza Creative Commons
Ariel di Cristina Carlà è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Based on a work at https://www.colorivivacimagazine.com/2020/03/ariel/.
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Immagine di copertina: Marco De Mitri

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