Il guazzabuglio dello stare
Ma che problemi hai? Se il mio corpo afflosciato sul divano t’infastidisce, se il puzzo dei miei fluidi corporei ti provoca nausea e repulsione, se le mie livide occhiaie, stipiti di finestre malconce abbracciano le palpebre annoiate e sovvertono le tue aspettative di osservatore improbabile dell’arte altrui, puoi andare via!
Io sto da Dio qui e posso rimanerci a vivere dei miei pensieri.
Perché io rifletto, cerco risposte e mi nutro di domande allorché ho speso la mia vita precedente ad assomigliare a te. Tu che ammorbi l’aria di questa galleria con olezzi penetranti di dopobarba e deodoranti, tu copia conforme di manichini starnazzanti dentro uno schermo, che ti pavoneggi da intenditore col tuo iPhone e giudichi la mia maglia come unico elemento apprezzabile nel guazzabuglio del mio “stare”.
Sai che l’ho trovata su di uno scoglio, un giorno? E l’ho raccolta perché simile ad un’anima persa il cui corpo era evaporato nella salsedine di un gesto estremo? E la indosso per rendere memoria a colui che in un raptus di coraggio ha deciso di proseguire altrove il suo cammino?
Dunque, mio bel damerino, attento a non confondere l’abito col monaco, che io posso scriverci un romanzo su queste righe, uno per ogni uomo che si accosti a me con la brama di trovare il suo angolino nella tela che racconto.
Mentre tu, stolto viaggiatore continuerai ad affogare negli abissi della tua vacuità, io resto aggrappato a questi frammenti di messaggi restituiti dal mare abbandonandomi nella mia fertilizzante noia.
Uno scritto di Felicita Amodio, ispirato a questo dipinto di Hope Gangloff, nel corso di scrittura on line e interattivo Nei colori le storie, condotto da Antonella Petrera per Colori Vivaci Magazine.
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immagine in evidenza: Malika Favre