Qui giace una poesia
Del perchè le parole muoiono e rinascono
Credeva fosse acqua, all’inizio.
Ma si accorse subito, dal rumore di stracci bagnati, che c’era qualcosa di strano nella pioggia.
Era una giornata di pieno sole, i ciliegi come dita di fata, i prati una costellazione di colori, le gemme sul punto di cantare.
Cosa poteva cadere dal cielo, in quel giorno, a quell’ora, con una tale rovinosa violenza?
Avvicinandosi a una pozzanghera, tutto divenne atrocemente chiaro: gli stavano piovendo addosso le parole.
Tutte le parole che aveva dedicato a una persona che non esiste.
Alcune, ancora agonizzanti, gli morirono in mano, altre continuavano a schiantarsi, spezzarsi, frammentarsi. Ciò che sembrava piovasco si vestì di tempesta.
Era sotto i bombardamenti.
Le sue parole irrise, spiate, offese, tradite, manomesse, stuprate, uccise.
Le parole che aveva cucito con gioia e dolcezza, le sue parole che erano uomini, nel fango. Sporche, morte, scarnificate.
Le raccolse con cura, una ad una, e se le portò al petto, come una madre.
Dal sangue delle parole erano nati mostri informi che non avrebbe mai scritto. Grondavano fiumi di collera, contorcendosi in mille ripugnanti pose.
Le sue parole erano morte.
Non si era accorto che stavano soffrendo, non si era accorto di essere caduto in una trappola.
Lui le aveva create con naturalezza e spontaneità, sorridendo. Le aveva educate perché fossero carezze, verità e bellezza.
Le sue povere parole.
Qualcuno le ha rubate, stropicciate, distrutte.
Ma la colpa era tutta sua, non avrebbe dovuto crederle.
Mentiva come chi mente a se stesso, in modo inconsapevole e caparbio.
Mentiva come chi ha bisogno di leggere le istruzioni.
Come chi non sa dare un nome alle cose.
Come chi non sa morire solo.
Mentiva come mentono tutti.
Le parole si decomponevano troppo velocemente.
Non voleva lasciarle andare, ma aveva perso il diritto di decidere per loro.
Sussurrava un halleluija, per le sue parole, per lei, per lui.
La strada del cimitero è sempre in salita.
Aveva scavato una fossa profonda accanto a quel tronco, per seppellirci le parole.
Era stato un tavolo, adesso è una tomba.
Qualche fiore di campo, nessuna scritta: le parole sono morte.
Delia Cardinale