Avete presente il cubo?
Quello che se ti va bene riesci a fare una facciata sola, e che al mondo esistono quelli che lo sanno fare con una mano sola? In extremis la soluzione è quella di staccare i quadratini adesivi, sistemarli per colore e yuhu, pensare ce l’ho fatta (per finta, ovvio, ma via, lasciateci sognare).
E adesso avete presente quella scena in Herbie il maggiolino tutto matto, in cui l’auto, talmente malandata, sta spezzandosi a metà e l’ingegnoso Tennessee prova a saldarla dall’interno? Sta comunque per spezzarsi in due e  lo farà, ma a un certo punto quello che gli permette di continuare ad avanzare, mentre quello smidollato di Jim Douglas continua a guidare (tra l’altro una macchina che si guida da sola, fatti due domande, amico) è Tennessee che letteralmente si aggrappa alle braccia di Carol, la copilota, per tenere uniti i due pezzi di Herbie.
Ecco come il lavoro che stavamo facendo ci ha chiesto non solo di risolvere un rompicapo, ma quasi di barare per riuscirci. La domanda di partenza anni fa era che lavoro fai? Poi quel malefico spauracchio della crisi (quasi ci sta simpatico, adesso) ha cambiato questa domanda in stai lavorando? Adesso per alcuni è ma a te lo stipendio ti arriva lo stesso? Per un’altra maggior parte è come stai facendo? (Come cazzo stai facendo?)
In questo come è insita una domanda da inventori, da geni del male, una domanda alla Leonardo da Vinci, per intenderci (a proposito, avete mai notato quanto assomigli a Robert Plant?), quello che mo mo  lo bruciavano sul rogo perché stava pensando di poter volare!
In questo tempo l’idea di lavoro è diventata un ibrido cangiante manco l’avesse progettata Tony Stark. Oggi nemmeno al corteo possiamo andare.
Ma fanculo, gli auguri, quelli ce li dobbiamo fare lo stesso.
E’ un tempo in cui l’imprenditore che era ricco lo vediamo alla cassa prima di noi a pagare con i buoni del Comune, in cui lo stesso cassiere ora lo guardi attraverso il plexiglass come un eroe. E’ un tempo che sgama in modo spietato gli incapaci, e chiede al capace un ulteriore salto mortale.

Auguri ai cassieri e alle cassiere a cui ora vuoi bene come a un parente. Auguri con le lacrime agli addetti delle pompe funebri a cui stiamo affidando i nostri morti senza di noi. Auguri a tutti quelli con un camice rattoppato addosso, ma sempre funzionante. Auguri a chi torna a casa e pensa chissà che mi sto portando addosso. Auguri a chi prepara il carrello per i poveri.
Nessun augurio a voi creaproblemi che avete rubacchiato un posto di responsabilità che ora vi sta troppo largo perché non siete mai stati all’altezza, e auguri a chi si rende all’altezza di ogni situazione.  

Auguri a quella parca genìa di insegnanti che si stanno inventando l’impossibile, ma nessun augurio a quelli di loro che ancora non sanno redigere un documento Word. Vi vediamo, adesso, che vi credete? Imparate, e veloce, o fottetevi e liberate quelle cattedre.

Auguri a tutti i genitori che si reinventano, alle madri sole e ai padri lontani, auguri a chi si concede uno sclero ma poi sa ristrutturare.
Auguri a tutti quelli che hanno lavorato prima di noi, e che la pensione la stanno mettendo ad aiutare i figli e i nipoti.
Auguri a quelli che lavorano i campi, a quelli che ci portano le cose.

Auguri a tutti i sindaci intelligenti che stanno invecchiando sotto i colpi dello stress, e al mio amato sindaco Antonio De Caro. Nessun augurio agli incauti e a quelli che si dicono giornalisti ma che farebbero bene ad accendersi di napalm quei neuroni tossici. Auguri a chi sa creare cultura senza appestare la rete di stronzate.
Auguri a chi si porta in tasca i rischi che gli toccano ed evita di crearne ad altri. Auguri a chi si vede triplicare il lavoro da casa e in casa, e che resta a casa.

Un augurio urlato con la bandiera strazzata, a squarciagola dalla cima di un palazzo a tutti gli operatori dello spettacolo. Mbeh? Già ci volevano morti di fame, niente di nuovo sotto il sole. Ma guardatelo, è agli artisti che si bussa per abbellire la vita e il tempo che fugge pure adesso che sembra larghissimo. E questo è importante, questo crea un senso per noi, e deve andare al di là di qualsiasi smarrimento.

Auguri ai miei figli che imparano lo stesso a desiderare il lavoro dei sogni. Auguri a me che ce l’ho.

Il lavoro adesso ci tira questo benefico tiro mancino: ci mette energicamente in mano un nuovo calibro.
Mai come adesso ci sembra di non poterci fare niente, ma invece c’è una cosa di sicuro che possiamo fare in modo eccellente. Riprendere le misure.

E ricordiamoci che Herbie la corsa la vince spezzato a metà. Conquista il primo e il terzo posto, e quel bastardo di Peter Thorndyke passa in mezzo pure lui. Ma è Herbie a vincere.

Music suggestion: Keb’ Mo’ Life is beautiful

Photo: cocoparisienne on Pixabay

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*