Te lo ricordi, quel pezzo di mare racchiuso fra quello scoglio, quel fazzoletto di sabbia e quella duna? Quanti erano i buchi e quanti gli speroni, su quel pezzo di roccia annegato sott’acqua? Sapresti dirlo ad occhi chiusi. Così come ricordi alla perfezione la pettinatura del cespuglio di macchia mediterranea che ricopriva, rigogliosa, la collinetta di sabbia affianco alla doccia. Hai perfino tentato di tuffartici dentro, quando ancora non era recintata.
Hai sempre considerato tua quella porzione di mondo sospesa fra il liquido e il farinoso. Non quest’anno, che invece per la prima volta te ne sei scappato esausto, ferito, vulnerabile.
Lo sai, no, che ci sono un sacco di altre persone – con cui sei cresciuto, del resto – che consideravano altrettanto loro quello stesso scoglio, quello stesso ritaglio di spiaggia e quelle stesse dune? Non sei geloso, di vederle lì – loro – mentre tu hai dovuto salutare tutto questo con un lungo arrivederci a chissà quando?
Ma del resto il mare è mare dappertutto: saprà accoglierti anche lontano da lì. Ci saranno altri scogli e altre dune, per questa estate.
Altra acqua salata.
La composizione chimica del mare è, a parte l’acqua, per il 70/80% clorulo di sodio, poi altri sali di calcio, magnesio zolfo e potassio.
Le lacrime, invece, sono soluzioni di acidi organici, amminoacidi e proteine.
E’ curioso che questi due liquidi abbiano quasi lo stesso sapore, pur essendo così diversi. E’ insolito che le seconde sgorghino così copiose nella stagione estiva, quella in cui si dovrebbe a tutti i costi essere felici, perché dura maledettamente troppo poco e poi sarà già autunno.
Non fai in tempo a bloccare quelle nate per sentirti solo e abbandonato, che ne zampilla un’altra sorgente per le incomprensioni, per le parole troppo a lungo taciute. Dopo arriva quel senso disarmante di essere tornato a sentirti minuscolo e inadeguato, e al tempo stesso cattivo e cinico. Poi ci sono quelle, quasi ridicole, che fluiscono dalla consapevolezza di alcuni piccoli gesti.
Quando hai imparato a riporre i coltelli con la lama verso il basso, nello scolaposate? Quando ad asciugare la goccia d’olio che colava ad ungere la bottiglia, dopo averlo versato? Chi ti ha insegnato a fare il bucato, le prime volte che rimanevi solo in casa, ancora poco più che adolescente? Da chi hai imparato a fare il caffè nella moka, quella rossa che ti portavi in campeggio?
E’ scivolosa, la strada verso la felicità, ad ogni passo rischi di cadere e romperti una gamba, rimanere fermo un mese. E’ insidiosa, piena di rovi. Intanto cerchi un appiglio a cui aggrapparti per mettere un altro passo e via: mai, mai fermarsi, anche quando la pioggia acida viene giù così copiosa.

Testo e fotografia di Manlio Ranieri

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