Claudia è nata a Maglie nel 1985 ed è una delle voci più promettenti della poesia contemporanea. Ci diamo appuntamento a casa sua per un caffè e qualche chiacchiera insieme. Lei sa che sono appena uscita dal lavoro, allora come un’amica premurosa mi chiede se ho pranzato e mi offre la crostata che ha preparato quel giorno sua madre con la marmellata di ciliegie. Per me un decaffeinato grazie.

– Forse hai bisogno del cucchiaino per girare lo zucchero, vero?

– Si Claudia, però non mi hai dato lo zucchero.

– Ah già!

Ridiamo.

È solo qualche anno più giovane di me eppure mi sembra così piccola Claudia, coi suoi capelli spettinati e il viso struccato. Così pulita.

Ma veniamo a noi.

 

–          All’inizio del tuo libro riporti una poesia di Mariangela Gualtieri. Quali sono le tue letture preferite, Claudia? A chi ti ispiri? E chi pensi che abbia influenzato la tua scrittura?

Dunque, da dove iniziamo? Emily Dickinson, Cristina Campo, Mariangela Gualtieri…. l’incontro con Mariangela è stato fondamentale, lei è stata la prima a leggere le mie poesie, mi ha dato un sacco di consigli ed è stata anche severa. Una severità che ho apprezzato.

–          Nel libro ricorrono spesso parole come Resa, Disfacimento, Confine. Tra tutti un verso mi ha colpito molto; dici: Il margine è la mia casa. Cosa hanno a che fare questi elementi con te?

Sono sempre stata attratta dai margini, dalle periferie, mi sono sempre sentita a casa nelle atmosfere di degrado poiché lì ci trovo il vero, il genuino. Tutto questo in realtà ha più a che fare con il mio immaginario che con il mio vissuto: il margine è stato per tanti anni la mia scelta di vita, intendo dire la scelta di stare in penombra, di lato. Non per timidezza o per vergogna ma per osservare. Come dire? Per essere sia dentro che fuori. Ultimamente, però, mi sento molto più protagonista.

Il margine è la mia casa. Durante l’infanzia ho cambiato spesso casa e città, quindi sai com’è, per me la casa è qualcosa da inventare e non tanto da ricordare.

–          Nella sezione Oh Maria Oh Moria fai spesso riferimento alla Maternità, alla Preghiera e al Grembo. Che rapporto hai tu col divino?

Ho un rapporto appassionato con le religioni, ho letto tanti testi della mistica Sufi ma anche San Giovanni della Croce, Santa Teresa d’Avila… Come diceva Simone Weil, la preghiera è una forma di attenzione, così per me pregare è svuotarsi, è qualcosa di molto simile a quanto accade durante la meditazione, che ho anche praticato in passato.

–          Nella sezione Esilio promesso, il limite e il confine sembrano essere le parole d’ordine per sfuggire a quella che chiami “una terra inospitale”. Che rapporto hai con la tua terra?

Ho un rapporto di amore-nostalgia con l’elemento terra. Nostalgia del futuro. Io sogno una terra che deve ancora venire, un luogo che possa sentire finalmente mio. Mi affeziono subito ai luoghi. Con Lecce ho avuto sin da subito un rapporto di amore-odio perché oltre all’indiscutibile bellezza ne conosco anche le caratteristiche meno virtuose e più provinciali.

–          Nella sezione Altissima miseria dici: Ogni parto è un trapasso. A cosa ti riferisci?

Mi riferisco alla parola. Il testo infatti continua: Non ti riempie ma ti fora la parola. Mi riferisco alla vita, perché, se ci pensi, tutto ciò che ti riempie, proprio come se fosse un feto, allo stesso tempo ti svuota, scardina le tue certezze, scava le tue sovrastrutture.

–          C’è un passo che mi piaciuto moltissimo; dici: la vita / è ciò che non abbiamo notato, / un’ape che è entrata dalla finestra. / Io ero il vuoto di tutte le lettere, / la libertà che è sempre piccola / mutilazione, un buco, un’attesa.

Un’attesa di cosa, Claudia?

La mia è un’attesa che non aspetta nessuno. Mentre l’aspettativa richiede un oggetto, l’attesa è più una condizione, direi, spirituale.

–          Altissima miseria. Da dove viene questo titolo?

La miseria è il mio modo di “chiamare” Dio, che è sia qualcosa di alto che di infinitamente piccolo. Se potessi raffigurarmelo, lo immaginerei povero, sottile, scarno. Misero, appunto.

 

Altissima Miseria si è aggiudicata vari premi  tra cui il premio “Luciana Notari“ nella categoria Opera Prima, il premio speciale del Presidente della Giuria del Premio Letterario “Interferenze” di Bologna In Lettere, il premio “E/STATE TRA I VERSI” de “La Casa di Poesia” di Como. “Altissima miseria” si è anche aggiudicata un posto nella cinquina delle opere finaliste del Premio Internazionale di Poesia “Gradiva-New York”, edizione 2017, un attestato di merito del Premio Alda Merini e una medaglia d’onore del Premio Don Luigi Di Liegro, IX Edizione; al momento è finalista del Premio Internazionale di Letteratura “Città di Como”.

 

Cristina Carlà

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