Ho puntato tre sveglie. Ciascuna delle tre sveglie si ripete tre volte. Il fatto di avere a disposizione nove e non dieci possibilità di risveglio efficace, mi turba moltissimo. Aggiungo una quarta ripetizione ad una delle tre sveglie, ma il disequilibrio che questo crea nell’insieme mi impedisce di prendere sonno. Decido di impostare una quarta sveglia, che sempre si ripete tre volte. Aver puntato così “una dozzina di sveglie” mi suona melodioso ed armonico. Chiudo gli occhi. Visualizzo quello che indosserò domani, dalle mutande al cappello di lana; poi la borsa che metterò sulla spalla appena prima di uscire ed il contenuto che determinerà il suo peso. Nulla di tutto questo è già stato preparato, ma confido che averlo chiaro in mente stanotte sarà sufficiente per prepararlo in poco tempo domattina. Basterà. Dovrà bastare. L’unica cosa che non posso fare domani è arrivare in ritardo. Mia mamma ripete sempre che la prima impressione è quella che conta. E immagino che arrivare in ritardo il primo giorno di lavoro sia quello che si dice fare una pessima prima impressione. Ma non lo so, non mi è mai successo. Di andare ad un primo giorno di lavoro, dico. Di arrivare in ritardo sì, quello mi succede sempre. Sono nata dieci giorni dopo il termine e da allora mi sono sempre fatta aspettare. Senza ansia o sensi di colpa. Ho solo adattato il tempo esterno al mio tempo interno. Ma da domani non potrò più. Domani è il mio primo primo giorno e non posso arrivare in ritardo il primo giorno. Quindi adesso devo dormire. Ho puntato una dozzina di sveglie. Basterà. Dovrà bastare.
Testo di Martina Venezia per il nostro laboratorio di scrittura Pianeta Murakami
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Immagine: cartellone dello spettacolo “Alice in Wonderland” – La Fabbrica del Vapore (Milano)

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