4:30 AM suona la sveglia. Io e Sav, mio fratello, ci incontriamo per la colazione. Lui andrà a lavoro e io partirò per Bari.

Aveva qualcosa di strano il mercoledì che stavo per vivere.

Sono stati mesi intensi e molto difficili per me. Ma ero pronta a ricominciare. Io non stavo prendeno solo la corrispondenza Venosa – Bari, stavo lasciando alle spalle parte della mia vita. Arrivo in stazione. Da Roma e Foggia ne era passato di tempo, quasi mi sentissi frastornata da tutte quelle macchine. Avviso tempestivamente la Vivace. – Si ma chi è? Sono al quarto corso di scrittura, ma non l’ho mai vista. Ho preso un pullman in condizioni fisiche mediocri (…) Per conoscere una tipa di cui non so veramente niente? – Si. È andata veramente così. Mi siedo al “White Manathattan”. Precisamente al tavolino più esposto perché volevo riconoscerla subito. Sono più di dieci minuti che aspetto – Mi stavo domandando – Verrà?! (Si, in fondo mi fido) L’ unico attimo in cui mi sono voltata e lei era lì: sorriso e “abbraccio pronunciato”.

Era lei!

Ho passato una mattinata surreale tra particolari che non dimenticherò.

Come il viandante, signore anziano con gli occhi chiari che si ferma all’improvviso, dicendomi : “Ti sei salvata!” – Guardo Annalisa e le dico: Oddio, ho paura! Sembra di essermi catapultata davvero nel film “Il favoloso mondo di Amélie!” In quel momento stavo raccontando del mio secondo libro e del perché non ho mai pubblicato il primo. Ma sono stata interrotta! Quel signore mi ha interrotta nel momento esatto in cui io avrei voluto raccontare ad Annalisa tutta la verità.

Tra le tante storie? Non ho voglia di parlare del 10 gennaio 2019, ma posso dirvi del perché Amélie. Nessuno me lo chiede mai. Vorrei invece.

Amélie esce nel 2001, ma io lo vedrò solo nel 2006. La prima volta ero con le amiche con cui avrei condiviso il Liceo, ma non avevo molto in comune. Io suonavo la chitarra elettrica, ascoltavo i Metallica e guardavo documentari. Mi alzo e me ne vado. Amélie non aveva niente a che fare con il mio “vecchio mondo”. Lo rivedo da sola nel 2017. Era un periodo strano e pieno di incertezze: Amélie, per me, è la celebrazione dei dettagli e di tutte le mie insicurezze.

Del mondo che vorrei si fermasse ad ascoltarmi ogni volta che gli tendo la mano.

Ma al contempo vivo nel “frastuono comodo” della mia solitudine che coltiva cene con dettagli; si innamora di persone imprecise. Perché, anche il cuore, agosto 2018, aveva di simile una lieve aritmia… E questo, mi commuove tanto, ripensando alla scena di quella bambina piccola dagli occhi svegli e malinconici. Amélie, nel film, andava in tachicardia ogni volta che il padre le misurava la frequenza del battito. Amélie: vittima e carnefice della sua essenza.

Annalisa? Annalisa ha qualcosa a che fare con lo scoglio. Quella roccia che si bagna di vita, ma allo stesso tempo ne rimane invasa dall’ altamarea.

Insieme alla panchina siamo sedotte dal mare.

Mi volto: “Il problema è che siamo pieni di contenitori, ma pochi contenuti.” Il mondo davanti ai nostri occhi appare pressappochista e sempliciotto. Per questo a volte siamo tristi. Ma d’altronde se fossimo così felici, di cosa parleremmo?

Annalisa si racconta mentre sta per scappare a comprare la focaccia. Mi ha portato lo zaino tutto il tempo. Ero affaticata e alla terza Tachipirina. Ma ero piena di entusiasmo e la sua presenza a volte mi ha imbarazzata di sana complicità.

Il nostro viaggio “alla scoperta di noi” si è concluso con delle foto. Ho posato dopo un anno. A dire la verità, fino a qualche tempo fa mi affascinava essere davanti all’ obiettivo. Ora non più. Nel tempo ho coltivato l’idea che fossi più “fotogenica” che “reale”. Ritornare a giocare con il mio viso mi ha resa quella che sono: ovvero quella che voglio farvi vedere. La restante parte… Non so. Ci riaggiorniamo!

Colori Vivaci , forse, è Mondo d’ Essere

Raffaella Caputo

Bari, 4 settembre 2019

 

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