Siete pronti a fare un salto nel recentissimo passato, per scoprire quanto sono cambiate le relazioni sentimentali, nel corso degli ultimi trent’anni?
Con “Direzione ipotenusa”, Mirca Ferri ci riporta nel tormentato mondo sentimentale della sua protagonista, che abbiamo conosciuto adolescente e adesso vediamo crescere, attraversare tempeste, cercare il bandolo della propria vita, la… quadratura del triangolo.
Tormentata dalle due storie d’amore della sua giovane età, che le hanno lasciato strascichi indelebili di fiducia tradita e di violenza, fino a spingerla oltre la soglia dell’anoressia, nel buco nero di un corpo divenuto scheletrico, la ragazza deve ripartire da zero, ricostruirsi nel fisico e nella mente.
Saremmo tutti lì ad augurarle una storia seria, stabile e stabilizzante, ma proprio quando sembra averla trovata, Melissa ricade in un vortice di insicurezze che sembra non toccare mai il fondo.
Forse la chiave di lettura di questo romanzo, e dell’intera vicenda della sua protagonista, sta nel fatto che la ragazza – ma questo potrebbe valere per chiunque – dovrebbe cercare per prima sé stessa, le sue basi solide, il suo equilibrio, e non affannarsi a trovarlo in un compagno di vita. L’area di un triangolo è la metà del prodotto fra la base e l’altezza. Ma, ecco: senza una base è difficile elevarsi in altezza: sembra suggerirci questo, l’autrice.
C’è un lavoro di cesellatura della Ferri, in queste pagine, che rivela quanto ciascuno di noi sia prima di tutto solo con i suoi fantasmi, ed è dopo averli affrontati e sconfitti, che potrà trovare una direzione alle proprie relazioni.
Il titolo del romanzo – Direzione ipotenusa – indica che questa ricerca c’è, ha un suo obbiettivo specifico, ma alla conclusione delle vicende narrate in questo secondo capitolo della trilogia, appare soltanto abbozzata.
Il numero tre è ricorrente in tutta la serie: c’è sempre un terzo incomodo, nelle vicende sentimentali di Melissa. Ci saranno tre episodi. È ricorrente anche il tema del triangolo, non a caso, che – come ci insegnano a scuola – rappresenta la forma geometrica più semplice, eppure in queste pagine appare abbastanza complicata da mettere sempre tutto in discussione.
Tre è anche il numero perfetto, secondo alcuna letteratura, e alla fine del secondo lato, del secondo cateto, ci si trova ad augurarsi che così sia: che nel romanzo che verrà il poligono diventi, finalmente, regolare. È a questo, che sembra mirare la protagonista durante l’intero dipanarsi della storia, e il lettore si trova più volte a immedesimarsi con lei, fino a raggiungere quel finale aperto che lascia spalancata una porta sul futuro.

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