Il cinema di Kubrick, ricco di spunti di riflessione e articolato in diversi temi da gli anni settanta fino agli ultimi anni novanta prima della scomparsa, è a mio parere il cinema del reale. Questa affermazione, per quanto auto evidente e possibile oggetto di numerose critiche alla sua assolutezza, non è dettata da un volontà di elogio incondizionato ad un regista (come potrebbe accadere ogni qualvolta noi crediamo degli idoli) ma è supportata da una specifica analisi del cinema di quest ultimo, dopo l’accurato e vissuto lavoro di studio dei maggiori capolavori del suddetto. Perché il cinema di Kubrick dovrebbe essere, e questo è un quesito più che legittimo, il cinema del reale per eccellenza? Perché riunisce in sé gli aspetti del reale in maniera oggettiva e diretta, in poche parole ci dice cos’è la realtà senza mezzi termini, senza cercare di parlare dei lati positivi e oscuri dell’essere umano in maniera quasi-reale, per non cadere in un realismo eccessivo che può essere poco adatto ad un pubblico adulto che non vuole che gli si dica cos’è lui stesso. Diversi i temi, raccontati con un linguaggio, tuttavia, unico. Questo linguaggio è innanzitutto quello formale delle inquadrature (penso ad esempio alla geometria interna dell’overlook hotel, in Shining, 1980; quel tappeto dove velocemente si muove Danny con il suo triciclo ), all’utilizzo della steady cam, alle inquadrature a tutto campo che lasciano cadere involontariamente l’attenzione su particolari apparentemente non decisivi. Questo strumento formale, indubbiamente innovativo, che fa dell’ambiente-scena di Kubrick un unicum, è il luogo ideale per incastonare i contenuti. Contenuti, che come sopra ho specificato, descrivono il reale in maniera netta, con tutte le sue sfaccettature, senza ammortizzatori. A partire da Arancia meccanica (1971), passando pe Shining (1980), Barry Lyndon (1975), eyes wide shut (1999, sua ultima produzione prima della scomparsa), il vocabolario dei vizi, delle virtù apparenti, dei lati oscuri dell’uomo viene illustrato senza avere cura delle possibili reazioni dei benpensanti. Ogni capitolo della storia di questo regista è un punto di vista quasi estremo su ciò che è l’essere umano, su ciò che è reale. Paradossalmente ogni opera cinematografica, pur essendo finzione (o attingendo da una storia vera), parla della realtà, ma spesso in maniera quasi-adatta. C’è sempre un’azione di rimodellamento dei contenuti che stemperano gli eccessi e le bassezze del reale. Il vero reale. Non è una tautologia, putroppo. Questo in Kubrick non avviene, reale è il soggetto  autentico, la cosa in sé kantiana. Ogni film di Kubrick è una cattedrale di significati, sia simbolicamente, ma anche di fatto; le ambientazioni di Barry Lyndon sono sublimi, l’ambiente-scena risponde ai luoghi autentici. Per non parlare degli interni, già citati sopra per la loro simmetria, dell’overlook hotel (Shining). La maestosità degli interni e la reale corrispondenza dei contenuti a ciò che è reale. Quali sono questi contenuti? Ho detto sopra che il vari capitoli degli splendori e delle miserie dell’essere umano sono esposti in maniera progressiva e distaccata gli uni dagli altri; arancia meccanica espone il tema complesso dell’inestirpabilità della violenza (anche il tentativo estremo di debellarla facendo vedere al protagonista episodi che la inibiscono ottiene uno sgradevole effetto collaterale), barry lyndon è la storia dell’ambizione del provinciale, del parvenu, di “diventare un gentiluomo”, scalando a tutti i costi la gerarchia sociale, rinnegando le proprie origini irlandesi per farsi strada nell’Inghilterra delle corti. Tutti vogliamo ambire a migliorarci, a salire la scala sociale. Per questo è un tema universale. Shining si ricollega ad Arancia Meccanica per il discorso sui limiti della ragione umana se posta in condizioni avverse; è la storia di uno scrittore impazzito per una sindrome specifica (c’è una connotazione psichiatrica precisa di questa sindrome) che colpisce nuclei di persone che stanno a contatto tra loro per molto tempo in un ambiente chiuso e ristretto. Tutti potremmo capitare in una situazione del genere. Il comportamento finale del protagonista e lo spiacevole epigolo sono il risultato dei limiti della ragione umana. Per ultimo Eyes Wide Shut, racconto dell’essere umano alle prese con le sue ossessioni sessuali che possono portare al tradimento e alla rottura del rapporto di coppia. Come è evidente, soprattutto se si è visto attentamente questi film, i temi sono universali. Eyes Wide Shut, è il cinema de reale anche per una serie di considerazioni che si possono fare tra i luoghi frequentati dal dott. Bill Harford. Il Dott. Harford Passa da luoghi che rappresentano la cultura ufficiale (che è il suo studio medico) a luoghi della periferia in cui viene osteggiato da alcuni ragazzi di strada. Il contrasto forte tra queste due dimensioni è il cinema del reale. Così come il contrasto tra la casta dei professionisti  e le loro abitudini non proprio ortodosse. Nel 1968 esce 2001 a space oydssey, di cui ho posto in evidenza una foto mentre si giravano le ultime enigmatiche scene. Film ricchissimo di spunti di riflessione, soprattutto sul ruolo della tecnologia e sul rapporto umano-macchina. E’ il caso di hall 9001 (il nome dell’enorme calcolatore presente nella base orbitante). Nel film sono presenti numerose avanguardie tecniche, come la videochiamata, l’ibernazione. Qui il reale è tra l’umano, anzi l’animalesco inizio: una comunità di ominidi, ancora allo stato animalesco, che scoprono che l’osso di una carcassa può essere anche un oggetto di difesa-attacco, piccolissimo progresso dell’umanità rispetto alla stazione orbitante ultra moderna (per l’epoca). Da un osso volante ad una stazione orbitante, la storia dell’uomo.

Giovanni Sacchitelli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*