Tre piani, film diretto da Nanni Moretti, tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore israeliano Eshkol Nevo, è un film per animi sensibili e lucidi.

Per chi va oltre le apparenze dei fatti e naviga in connessioni che elaborano senso, contenuti, suggerimenti.

Se è vero che le anime sono pure luoghi, questo film parla delle città invisibili.

Il senso calviniano dei simboli e delle  aperture, del non inferno, dell’occhio attento, dell’importanza e della delicatezza della parola.

Il senso è nelle cose che facciamo, nei  luoghi che abitiamo e nelle relazioni che viviamo.

In questo quartiere borghese di Roma dove le vicende si alternano, la claustrofobia si contrappone alle aperture.

Quando le aperture arrivano si respira, si capisce, si perdona.

Quando ci si allontana dalla rigidità arriva un afflato di vita più forte e intenso, quando ci si allontana da se stessi e dalle proprie ossessioni, quando il raggio d’azione e del pensiero si amplia, guardiamo la dimensione vera del nostro essere in espansione.

Personalmente amo tutti i film che mi fanno riflettere in maniera profonda e questo film lo fa.

È un film che accende i suoi riflettori sul perdono, quello dell’anima, intimo, attaccato ai nostri organi vitali e ci racconta come è difficile, doloroso ma così importante.

Io ne consiglio la visione per chi è capace di allontanarsi dal giudizio superficiale e non rimane invischiato solo nella drammaticità dei fatti ma è capace e ha voglia di guardare le luci. Per un bagno di catarsi e per collegare e portare a casa un insegnamento.

 

Recensione di Annalisa Falcicchio 

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