Cinque Giugno Settantanove.

È quello che ricorda l’inchiostro blu sul retro della foto.

Trentanove estati fa.

Dopo una lunga rincorsa, un grande salto, ed ecco che mi ritrovo qui accovacciata sul divano cosparso di fotografie.

Una scatola di cartone che, seppur di anima fragile, contiene una vita. Sorrisi, cene, scampagnate, famiglia, amici, viaggi, posti lontani, amori. Foto “bruciate”, mezze bianche, con righe rosse, un po’ buie. Eppure hanno un sapore unico! Un salto che mi ha catapultata dalla fine di quegli anni settanta al nuovo millennio.

Una gioventù piena di pensieri ribelli – spensierata, appunto. Nessuno osava ostacolarci, e se accadeva riuscivamo quasi sempre a trovare gli ingredienti che ci avrebbero risollevato. Ricordo quel pomeriggio soleggiato. Stavamo organizzando il trasloco con Ludovico. Sistemavo le ultime cose dentro gli scatoloni, quando sentii abbaiare Dori, la nostra cagnolina. Spiaii dalla porta, ed in giardino vidi Ludovico giocare con la cucciola. Un momento unico che non potevo lasciare che si dissolvesse al sole, così presi la lomo e dal gradino d’ingresso scattai una foto a quello sfaticato che si rotolava con Dori sul prato. “No, dai che sono tutto sporco! Fammi vedere almeno com’è venuta” gridò da lontano Ludovico.

Nel raggiungerli la foto appariva dalla carta che la macchina aveva sputato un istante prima. Mi guardò con aria sospetta, con un sorriso sottile che avrebbe nascosto un bacio dopo aver convenuto che avevo scattato un bel fotogramma. Mi rubò la macchina dalle mani. “Dai, adesso tocca a me! Mettiti lì. No, girati che qui c’è il sole contro. Si. Perfetto! Aspetta eh…un attimo che…”. Presi Dori dalle zampe anteriori, facendola danzare sul posto canticchiando Gianna di Rino Gaetano. Il sole stordiva, le aiuole erano zeppe di rose dalle spine enormi, le querce di fronte casa regalavano un po’ d’ombra nelle ore più calde, e Ludovico mi scattò l’ennesima fotografia istantanea da raccogliere in quella che poi sarebbe diventata questa scatola usurata dal tempo.

Devo ammettere che lui era più capace di me con la macchina fotografica, seppure tutta automatica, ma riusciva ad avere occhio. Credo che il segreto infondo sia stato quello che differenziava i nostri risultati fotografici. Quella casa in città, quanti ricordi!

Ogni tanto penso a come sarebbe andata la vita se quel trasloco per trasferirci in campagna non l’avessimo fatto. Senz’altro è una scelta che non rimpiango. Ci sto bene qui, tra il vigneto, i peschi ed i profumati limoni. Avverto però la mancanza di Ludovico. Lui avrebbe saputo come risolvere determinate cose nel corso degli anni, nelle quali io invece spesse volte son caduta. Non è stato facile ottemperare a certe mancanze. Mi porto il ricordo della potatura del vigneto, della stagionatura dei frutti che continuano a restare a galla nonostante il mio non roseo pollice verde. Ogni anno però quando vedo sbucar fuori i primi frutti mi emoziono. Penso “ce l’ho fatta!” Tutto è ciclico, abitudinario ma imprevedibile. Non puoi stabilire una stagione dal punto di vista climatico. Una grandinata, un acquazzone fuori stagione può compromettere la fioritura così come il raccolto. Pensare però al “se”, alle possibili catastrofi aiuta poco.

Non faccio grandi progetti, con le piante così come nella vita.

Guardo queste foto tra le mani oramai rugose, mi lasciano qualche sorriso da ragazzina, aiutano a sognare nonostante la non più giovane età. Rilassano, ricordano, emozionano e fanno si che questo bicchiere di uve magliocco continui a stordirmi cosicché il domani sia più vicino.

di Alessandro Vignieri

Per chi ama leggere e per chi ama scrivere gruppo Facebook di Colori Vivaci Magazine: ogni settimana vi propone un’immagine o un brano musicale per cui potrete liberare penna e fantasia, confrontarvi. Scegliamo lo scritto che ci colpisce di più e lo pubblichiamo sul magazine.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*