“Un romanzo inutile” su Amazon

Cominciò a nevicare durante una sera gelida di febbraio.
Eravamo andati al cinema, a vedere un film maledettamente malinconico. All’uscita ci assalì un’aria polare, che sembrava aver perso almeno cinque gradi rispetto a quando eravamo entrati, e dei grossi fiocchi cadevano senza fretta, si posavano sui nostri giubbotti e sui capelli, rimanendo intatti, bianchi, perfetti come nei film di Natale.
Ci eravamo infilati in sala direttamente dall’ufficio, dopo un’altra giornata intensa, tutti e quattro.
All’uscita decidemmo di camminare per la città, senza ombrelli – non ne avevamo portati – e sfidando il gelo che sembrava essere sceso ad attanagliare le vie come un artiglio.
Non eravamo abituati alla neve, era uno spettacolo che valeva la pena di essere goduto fino in fondo.
Tutto era silenzioso.
Le poche macchine che circolavano lo facevano lentamente, con la prudenza di chi non conosce le proprie capacità in situazioni così impreviste. Il rumore delle ruote sull’asfalto era strano, ovattato, quasi liquido.
Ci stavamo stupendo come bambini.
Solo poche ore prima eravamo stati presi a sezionare ogni singola parola del mio discorso per la manifestazione, consapevoli dell’attenzione mediatica che mi sarebbe stata dedicata, ma era un’altra dimensione; erano quelle, forse, persino altre persone. Più serie, più responsabili.
Più disilluse.
Nella serata, invece, sembrava esserci ancora spazio per una magia inattesa, per una sorta di polverina incantata che cadeva dal cielo a rendere tutto colorato e allegro, come in un cartone animato dell’infanzia.
Non ci avrebbe stupito più di tanto incrociare un personaggio di fantasia, Pollon o Heidi col suo capretto, oppure vederci sbarrare la strada dalla sagoma di Batman che si aggirava furtivo e oscuro nella città imbiancata e misteriosa.
Camminammo tutti insieme in questa atmosfera sospesa, osservando le impronte che i nostri scarponi stampavano nella neve e confrontandole per scoprire chi avesse il passo più leggero, chi il piede più grande.
Arrivammo in formazione scanzonata e disordinata a casa di Greta, poi di Joe, rincorsi dalle palle di neve che noi stessi ci lanciavamo a vicenda, colpendoci e lasciandoci scivolare fiocchi gelidi lungo la schiena, quando frammenti delle nostre munizioni riuscivano a superare le barriere dei giubbotti e delle sciarpe e dei cappelli.

Estratto da “Un romanzo inutile” di Manlio Ranieri.

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