Epitaffio di famiglia
Dal mio essere
venuto alla luce
ho vissuto un controesodo
in gabbie di parole
non mie.
L’altro ha preso forma
in me
messo radici profonde
nella mia carne
a cerchi concentrici
serrati ad arte
l’uno dall’altro:
spinto nel ventre buio
di una terra ostile
avara di frutti
amara e crudele
figlia e madre.
Esiliato da un ergastolo
di suoni informi confusi
nel delirio dell’uno
il destino segnato
piagato nella carne.
Le doglie di un parto
dall’oscurità profonda e sorda
dalla dissoluzione
– di me libero dal giogo –
alla nuova cellula
verbale, pronta a dirmi
nella mitosi poietica
del mio alfabeto.
Non è più signore e padrone
il padre in-scritto
stilo segnava a fuoco e tracciava il futuro
di lui per me.
Solo serbo, fatte mie,
una trinità di parole
segreto invisibile a te stesso.
Dal buco nero,
teschio a movenze
di fiera famelica
nutrita dall’orrore notturno,
indietro torno
alla mano bambina tenuta leggera
mattino di primavera
tenui colori a passo lento
vedo la memoria
della fiducia prima
anteriore allo schianto.
Ricordo sbiadito come foglia d’autunno
mantengo la madre.
Non voluto, non cercato,
non desiderato
arrivai terzo, ultimo.
Fratello minore, infimo,
di una seconda madre-sorella
sempre più remota
posta in alto – ad esempio – da chi in lei
vide compiersi il sogno infranto
del potere del sapere
che vuole e che fa.
Incubo bipolare delirio schizoide
dell’io non io eppure io.
Secondo maschio
visto usurpatore invidiato
solo per esser nato,
l’occhio del maggiore
mi tenne come fumo acre
al suo cospetto.
Il muro dell’antagonismo
ci separò
e mai più riuscimmo a dirci fratelli.
L’anagrafe del sangue
con precisione burocratica
millanta menzognera
un amore mai nato.
Oggi io battezzo il branco
col nome consono di crudeltà
e mi chiamo fuori
e assumo mio il mio nome
e dico il mio basta
al sangue mentitore
formale apparente finzione
di un evento mai avvenuto.
Immagine: Pinterest
Musica: AC CD – Highway to Hell
Uno scritto di Marcello D’Ursi per Vivaci Maledetti