Ormai aspettava da quasi un’ora. L’aereo di Flora era in ritardo.
Le aveva promesso che sarebbe andata a prenderla, ma adesso iniziava a pentirsene. “Gli aeroporti sono dei luoghi strani”, pensava, “La temperatura è sempre al di sotto dei limiti che dovrebbero essere consentiti dalla legge.” L’escursione termica tra il reale mondo esterno e quello irreale dell’aeroporto rasentava il crimine. Fuori si poteva tranquillamente parlare di clima equatoriale, senza temere di essere eccessivi. Dentro, si rischiava l’assideramento.

Lei indossava un top di cotone che le lasciava scoperte le spalle e chiaramente non aveva pensato di portare con sé un maglione o una giacca. Perché avrebbe dovuto del resto… Ad agosto a Palermo?

Il tempo passava lentamente. Troppo lentamente. Lei congelava.
Quasi senza accorgersene cominciò a fissare le persone. Le capitava spesso in realtà. Quando era costretta ad aspettare in un luogo affollato, osservava.
Poteva trovarsi in un ufficio pubblico, in un ospedale, in fila alla posta ma il suo punto di vista preferito rimaneva l’aeroporto.
Era un gomitolo di storie, un non- luogo dove le vite si incrociavano, si sfioravano, attraversandolo per una manciata di minuti o per ore, dove il tempo si dilatava e restringeva come una imprevedibile molla temporale.
Un microcosmo che accoglieva di tutto : famiglie che affrontavano viaggi più o meno intercontinentali, uomini e donne d’affari ( li distinguevi dal piglio deciso con cui si muovevano nella folla) , vacanzieri dal volto tirato e stanco ma felice.
Le piaceva immaginare le loro destinazioni, costruiva storie e attaccava vite a volti sconosciuti. Lo trovava molto divertente.
C’era, però, una categoria in particolare che l’affascinava più di tutte, quella degli amanti ricongiunti.
Immancabilmente nell’area degli arrivi, appena le porte scorrevoli si aprivano c’era un sorriso che si spalancava su due volti, uno di chi era appena atterrato e l’altro di chi attendeva.
Si spostò per avere una visuale migliore, si scelse un angolo discreto, poggiò le spalle al muro e guardò inosservata.
Contò in mezz’ora almeno tre coppie. Una lei arrivava, un lui aspettava o viceversa. Correvano l’uno incontro all’altra, e come se nulla esistesse intorno, si abbracciavano, si stringevano, sembrava quasi che le braccia non bastassero, che la forza non fosse sufficiente per soddisfare la stretta. Le mani cercavano l’altro senza sapere esattamente come e dove fermarsi. Di solito quelle di lei cingevano il collo di lui e quelle di lui attorno alla vita di lei, desiderose di scendere più in basso risalivano velocemente, disciplinate da una sorta di pudore.
Non si dicevano nulla, non parlavano, forse perché qualunque parola sarebbe stata di troppo.
Le donne un po’ più trasgressive e atletiche tentavano un impacciato saltello e cingevano con le gambe la vita del loro amato. Posa plastica, molto cinematografica, ma poco pratica.
Finiva con lui che perdeva l’equilibrio e le borse rovinosamente in terra.
Mentre era presa da queste osservazioni si accorse che il tabellone degli arrivi indicava che l’aereo da Bari era atterrato. La gente iniziava ad assembrarsi davanti alle porte scorrevoli, di certo avrebbe assistito ad un altro ricongiungimento!
Notò una giovane donna particolarmente concentrata che fissava le porte. Sul suo volto si leggeva l’attesa, tendeva il corpo in avanti ogni volta che le porte si aprivano, uscivano persone, ma evidentemente non quella giusta, e lei faceva un piccolissimo passo indietro. Poi di nuovo, no neanche stavolta.
Al terzo tentativo, eccolo! La donna gli corse incontro, lui superò il cancelletto automatico e partí il solito copione. Abbraccio di due corpi che si sono mancati, lungo bacio, sorriso, occhi negli occhi. Nessuno si accorse che in lontananza, atterrata con lo stesso aereo, un’altra giovane donna osservava la stessa scena, non con curiosità ma con dolore. Rimase immobile, li guardava, gelida, sembrava non riuscire a distogliere lo sguardo. Come quando siamo attratti da una ferita infetta, ci fa orrore ma non riusciamo a non guardarla. Lei osservò la donna inerme rimanere ferma a fissare quei due che si avvicinavano all’uscita. Sembrava incredula più che affranta. Per un attimo lei si accorse che l’uomo si voltò, diede un ultimo sguardo dispiaciuto o forse colpevole alla donna al centro della sala e uscì.
Mentre tornava in macchina dall’aeroporto, Flora parlava ma lei non ascoltava, pensava a quale storia potesse esserci dietro quei tre. Tradimenti, incomprensioni, illusioni?
Non lo avrebbe saputo mai.
Non sapeva perché tutto questo la colpiva così. Non era mai stata un tipo romantico piuttosto amava studiare i comportamenti umani. Forse semplicemente perché anche lei aveva qualcuno da rivedere e riabbracciare, ancora poche settimane e sarebbe scesa anche lei da un aereo. Lo avrebbe trovato lì fuori ad aspettarla?…

testo di Nicla Gadaleta

immagine dal web

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