Lui viveva sempre in uno stato di brezza.
No, non è un errore grammaticale, non in uno stato d’ebbrezza, lui viveva proprio in uno stato di brezza, come se fosse stato perennemente avvolto da un venticello primaverile, a cui si abbandonava piacevolmente, disegnando sul suo volto quel sorriso, che ad un primo sguardo poteva sembrare ebete, in realtà esprimeva semplicemente una costante, inflessibile, determinata, irremovibile, quasi irritante beatitudine!
Soleva muoversi tra le affannose faccende quotidiane con i piedi sollevati da terra almeno 10 cm.
Lui non camminava, planava.
La sua testa era forzatamente più in alto delle altre … la sua era la così detta “testa tra le nuvole”.
Erano davvero pochi i momenti in cui era costretto a radicarsi nel terreno e solitamente erano momenti non dettati dalla sua volontà ma dovuti a quei piccoli e fastidiosi dettagli che a volte lo sorprendevano alle spalle all’improvviso …. quelle inezie tipo: il lavoro, la famiglia, le bollette da pagare, le scadenze da rispettare, gli appuntamenti con gli amici ecc..
Per non mancarli spesso era costretto a mettersi dei sassi nelle tasche per agevolare la discesa e comunque nonostante i suoi sforzi sembrava sempre sorpreso da tutto ed esclamava: “Ma che mi sono perso?”
“Che? Ma io?”
“Ma cosa?”
“Noi avevamo un appuntamento? Davvero?”
“Ma quando?”
Del resto non era colpa sua, di fatto scendeva dalle nuvole poverino.
Per onestà di cronaca va detto che agli altri non andava molto giù il suo stare lassù.
Tutti lo guardavano con un misto di fastidio e di invidia. Si invidia, perché mentre i loro pensieri erano così pesanti che la loro testa ciondolava verso il basso, facendo sprofondare i loro piedi sempre più nella terra, lui invece si librava leggero sopra di loro.
Alcuni avrebbero detto che viveva nella più totale incoscienza, altri, più onesti, che viveva nell’invidiabile spensieratezza.
Lui, però, aveva deciso di fare della sua natura una risorsa, trasformandola in una vera e propria professione.
Tutti, infatti, sapevano che lui nonostante la sua leggerezza, deteneva un incarico delicatissimo.
Non riuscendo a rimanere con i piedi per terra aveva optato per un approccio scientifico e professionale, era diventato un ONIRONAUTA.
Come ogni buon impiegato d’ufficio, ogni notte puntuale e preciso, munito dei suoi strumenti, con rigore e concentrazione, si dedicava all’esplorazione del mondo onirico.
Raccoglieva, catalogava e selezionava i sogni di ciascuno, ogni notte ne scopriva di nuovi, li appuntava sul suo quadernetto, faceva calcoli e proiezioni e li abbinava al sognatore più opportuno.
La sua soddisfazione più grande era riuscire a nascondere, a volte addirittura impedire, quei brutti sogni, quelli che comunemente chiamiamo incubi.
Non sempre ci riusciva, ma quando accadeva sentiva di dare senso alla sua natura.
A volte mi chiedono cosa vorrò fare da grande …. sono indecisa, alcuni giorni penso la dottoressa, altri l’antropologa, spesso la parrucchiera, ma devo ammettere che il mio sogno è fare l’Onironauta.

Nicla Gadaleta

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