La regina delle metafore: un asterisco per vessillo e un esercito d’idee.

Lampadine appese nel buio del blush senza parabeni. I semi delle carte sui corsetti delle sue puttane tristi e mille galee, sull’oceano del ricordo, quando ancora si combatteva per il bene superiore.

Il sangue brigantino e un orologio d’oro: la bisnonna nascondeva i dissidenti dopo l’Unità.

Il pettirosso canta d’inverno e d’indignazione. E i papaveri nei prati, altari per fucili di contrabbando.

Un germe di pazzia per aver difeso la tartaruga-toro e gli orti dei vecchi concimati a letame.

La regina farebbe saltare le banche e il capitalismo. C’è un castello di nastro isolante e sette arieti di ferro alle porte. Il napalm arde le voliere, ma gli aerei di carta lanciano bombe d’inchiostro  sulle ville tristi.

Nessuno ricorda i massacri: c’è lo 0,1 % di grassi e la cover per lo smartphone.

Non si mangia più dal piatto centrale e pezzi della tavola periodica nel latte la mattina. Amianto e paraffina. E vogliamo il parquet, il frigo all’americana e la bara criogenica. Botox, silicone, addensanti e aromi artificiali.  I soliti incompresi tempi dentro i modi e chi vuole restare a tutti i costi.

Bastasse un  neutro cenno del capo dalla Siberia, per non morire. E invece si sbiadisce fino a scomparire sotto certe prospettive, per tornare a fuoco in altre camere oscure, su altre pareti. In qualche improvviso altrove una qualche forma di celebrazione. Ricordi parziali rattoppati in contumacia sulle etichette dell’esperienza: insieme dolci e amari, tra quisquilie e lapidi. Lì dove tutto s’accumula per dare forma all’oggi, ma senza avere più nient’altro che la scia di un qualcosa che è trapassato e remoto. Echi non voci. Si sceglie il tergo a tempo concluso: preso ciò che serve il resto è dei rottami. A volte amabili come un cordiale, altre da sotterrare perchè la putredine resti ai vermi. Siamo fiammiferi non supergiganti rosse. La regina lo sa. E nel battito di ciglia concesso a questa miseria l’unica libertà vera è delle scelte. L’ignavia cortese è la codardia moderna. Diserzione dal vero, agio del compromesso.

Eppure bisogna avere dei nemici, scegliere qualcosa da difendere e per cui morire, prendere posizione col rischio del naufragio.

La mediocrità del restare sempre a galla, anche nelle fosse biologiche: il fuoco negli occhi della regina.

Delia Cardinale

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