Ripetete con me:
come Conor McGregor in rollerblades con una spada da samurai
come Vasily Lomachenko dopo quattro pinte di Gatorade
come Kathleen Hanna con gli artigli da orso che afferra Trump dalla fica
come Delia Smith che mi prepara un bel dolce dopo dieci chardonnay
Quanto ti piacciono questi cliches?
Cogliamo l’attimo
Stringiamo mani, cacciamo via i coglioni (Idles)

Mentre John Lydon, dalla sua villa di Los Angeles, inneggia a Trump, poco prima delle ultime elezioni presidenziali statunitensi; mentre Giovanni Lindo Ferretti elogia Giorgia Meloni, viene da chiedersi se il punk esista ancora e se abbia davvero avuto quell’esplosione di senso e futuro che sembrava possedere alla fine degli anni ’70.
Se vogliamo una risposta, probabilmente, non conviene cercarla rimanendo nostalgicamente ancorati a quel passato, e neanche a quello del revival patinato che il genere ha avuto a fine anni ’90 con Green day, Offspring e Blink 182 ma anche con band più serie e impegnate come Rancid e Pennywise.
Guardiamo al futuro, dunque: per farlo mettiamo sul piatto il vinile di “Ultra mono” degli Idles, e lasciamoci travolgere dall’attacco dirompente di “War”
Apriamo il fuoco contro Johnny
buttiamo Sally nella trincea
spariamo a questi bugiardi dalla faccia di bronzo.
Personalmente mi sono chiesto chi potessero essere questi due personaggi, e la risposta – immediata – è stata: Johnny Rotten e Sally Jones (cantante punk in seguito convertita all’islam radicale, che incitava le donne musulmane a scatenare attentati contro Londra e Glasgow). Non so, magari mi sono sbagliato, ma ho trovato una certa coerenza fra questa interpretazione e l’attitudine punk fortemente politicizzata della band di Bristol.
Insieme agli Idles, l’Inghilterra alle prese con la Brexit e Boris Johnson sta sfornando altre band con la stessa, interessantissima attitudine: fra tutte, gli Shame. Tornando in Europa – già, perché gli UK ormai non lo sono più, purtroppo – troviamo gli svedesi Viagra boys, che a tratti potrebbero sembrare quasi dei trappers – attenzione al tranello, però, perché fuori dai confini italioti questa classificazione assume dei contorni ben diversi da quelli a cui siamo abituati da queste parti – ma che fin dal nome della band si prendono gioco con ironia tagliante delle convenzioni sociali: dalla celebrazione della virilità e della società maschilista ai benpensanti e al buonsenso. Rimanendo nel solco di una musica dall’attitudine punk ma da un sound decisamente diverso, più contemporaneo, potremmo citare Curtis Waters, il cui nome d’arte rimanda dichiaratamente al frontman dei Joy division: “Non sono la tua borsetta/non sono un tuo prodotto/vengo dallo sporco/tu ti procuri un Prada/la mia gente le ferite”. Volendo tornare al punk isolano, arriviamo a Dublino e troviamo il sound ruvido, oscuro e indie dei Fontaines DC.
Ma lo scopo di questo post non è fare una carrellata esaustiva della scena post-punk contemporanea: ci vorrebbe molto impegno e molto spazio. L’unico intento di questo articolo è mostrare (non dimostrare) che il punk appare vivo e vegeto, è forte e si sta rimodernando, senza però perdere – per fortuna – la sua marcata identità ribelle, di rottura col sistema.
Se sono spesso stato tentato di lasciarmi andare alla triste consapevolezza che il rock non abbia ormai futuro, la scoperta degli Idles e della loro risonanza internazionale mi ha acceso un barlume di speranza. Per concludere, tornando a loro, il penultimo album s’intitola “Joy as an act of rebellion”. Trovo sia un titolo meraviglioso, nonostante la loro musica non evochi esattamente gioia: credo che sia, comunque, la risposta più bella al fenomeno dilagante degli haters, spesso conformisti e codardi.

Manlio Ranieri

 

 

 

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*