La vita per me è Viaggio, è Avventura, vale allora la pena avere cura dei nostri ricordi, perchè non potremo viverli di nuovo, perchè sarà ciò che lasceremo in eredità, che parlerà di noi.
Tutto può essere conservato, custodito e io lo faccio con gli occhi, la mia memoria è fotografica. Così quel che ho amato rimane con me, in me, sotto forma di visione. Le foto sono il mio “Archivio della memoria”. Il mio “Taccuino di viaggio”.
Non saprei dire quando sia nato il mio amore per la fotografia, credo insieme a me. Sono cresciuta con mio nonno e le sue macchine fotografiche, i suoi obiettivi, lo sgabuzzino trasformato in camera oscura, che quando lo cercavi era sempre lì a far magie.
Per come la vedevo io, era un processo alchemico il suo, era capace di catturare uno sguardo, un sorriso, un paesaggio, di trasformare la realtà e le persone in immagini, e farli suoi.
Aveva un super potere, mio nonno: fermava il tempo, fissandolo per sempre. Sfogliavamo gli album, il nostro personale viaggio nel tempo e mi facevo raccontare le storie che c’erano dietro ad ogni foto, il nome dei posti e delle persone. Lui compariva poche volte.
Poi ho iniziato a scattare anche io, la mia prima fotocamera è stata Carlotta, una reflex analogica. Mia madre si lamentava che nelle foto io non c’ero mai, ma invece c’ero, c’ero in tutte, come mio nonno allora. C’ero col mio sguardo in soggettiva, nella porzione di realtà che sceglievo di incorniciare, in quel taglio di luce, nelle mani grinzose di un vecchio, sulle labbra socchiuse di un bambino. Tra i rami dell’albero, c’ero sul pelo dell’acqua mossa dal vento.
Cercavo e trovavo me stessa lì fuori. Trovavo poesia.
Perché dietro ad ogni foto, nascosto bene, c’è il mio occhio, la mia interpretazione personale, la mia visione unica del mondo, la mia sensibilità. Il modo in cui mi sentivo quando ho scattato, ciò che pensavo, chi ero, in quel momento esatto della mia vita.
Se si legge una foto con attenzione, dentro ci si può trovare tutto questo: il mondo emotivo, l’universo interiore del fotografo.
Fossi una psicologa io partirei proprio da lì.
Per questo credo che una foto riuscita non sia quella che arriva alla mente, sotto forma di parola o pensiero, ma quella che ti arriva dritto in pancia, nello stomaco. Più che la vicinanza con la realtà, la foto per me deve riuscire a trasmettere ciò che di più impalpabile e indefinibile esiste: un’emozione, un odore, una sensazione, un brivido sulla pelle, una fitta al cuore.
Sono attratta dai dettagli, in cui sento si conserva intatto il germe del Tutto, il suo potenziale. Sono certa che la gioia, la felicità che noi tutti cerchiamo risiedano proprio lì, nelle cose piccole e semplici, nella capacità di valorizzarle, di restituirgli l’importanza che meritano. Quel che diamo per scontato finisce col perdere consistenza, contorno, colore e vitalità. Mi piace, perciò, scovarlo, toglierlo dallo sfondo e riportarlo alla luce.
Perchè ci sono attimi di eternità, nascosti nelle pieghe della vita.
per FotografaVivaceNovembre
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