“Spero tu sia contenta adesso”

Guardava fuori dalla finestra, sentendosi pulviscolo onnipotente. Natura solida e natura gassosa. Lei era per la rigidità dei legami e i volumi fissi, lui per la fluidità e gli spazi aperti. I corpi solidi soggetti facilmente a crepe mentre i gas volatili, facili alla dispersione.

Una tempesta abbatte la quercia, mentre il giunco la subisce con un inchino per poi tornare alla posizione originaria.

Di questa natura i suoi pensieri. Lei si sarebbe adattata al contenitore, lui invece sarebbe evaso cercando il cielo.  Direzioni diverse. Voleva solo cose assolute, nonostante la relatività del vivere. Era deluso dalle parole sprecate che lei issava come bandiere alla fine di ogni discussione: non ci credeva.

“Hai la minima idea di quello che significa?” si chiedeva.

La risposta che si dava era piratesca. E si: lui non aveva la macchina, non un lavoro fisso: una vita aeriforme, poco concreta forse, ma grandi idee per cui avrebbe dato la vita. Accendendo l’ennesima sigaretta tracciava i confini della rabbia. L’amore non è guerra né competizione, quanto pulsione naturale verso l’alterità. Ogni ostacolo a questo moto viene spazzato via. Ma se per qualunque ragione la forza-vettore s’attenua il moto si ferma e regredisce. È fisica, niente più di questo. La metafisica appartiene alla composizione di quel moto che resta illegibile. Ma anche ad una causa sconosciuta corrispondono effetti noti.  E lui, questi, li conosceva benissimo.

Non avrebbe atteso sul ciglio del fiume il cadavere del nemico. Gli bastava individuare quella crepa sul corpo di lei. Aveva pure preso in mano un mattone essenziale dell’edificio: la chiave di volta, ma perché costruire sulla sabbia? E così l’aveva rimesso in tasca quel mattone. Se lo portava dietro da anni.

Era sempre più pesante, ma sapeva conviverci come con tanti altri macigni.

“Cosa sai di me dopotutto?”

Lei  rispondeva  ad impulsi che lui riteneva quisquilie. A lui non importavano le attenzioni del mondo.

Certe parole avevano una magia allegorica che lei aveva sprecato. Un senso altissimo nella discarica: era un’offesa alla sua fede. Perché, nonostante Einstein e tutto il cinismo, lui a qualcosa credeva ancora.

Dalla penna d’oca alla grafite la curva di una personalità senza compromessi.

E lei, lei al tribunale della coscienza.

Delia Cardinale


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