Si può morire il venerdì notte, si può morire fulminati, sparati, si può morire di botte. Si può morire sapendo l’ora e il giorno e il luogo,
come ultimo pasto voglio pizza, molta pizza, solo pizza.
Si può morire inchiodati mani e piedi a due legni incrociati.
Si può morire nel sonno, si può sognare di morire, si può morire dentro e sopravvivere, continuare a camminare.
Si può morire di vergogna.
Si può morire sulla spiaggia travolti dall’onda anomala, dando le spalle al mare.
Si può morire carbonizzati nella tempesta di fuoco.
Sì può morire dalle risate, si può morire perché non ti si apre il paracadute, si può morire bendati, spalle al muro, testa alta, si può morire pisciandosi addosso.
Si può morire fatti.
Si può morire fritti se sei un pesce o se si è molto sfortunati.
Si può morire soli o bene accompagnati.
Si può morire decapitati.
Si può morire per propria mano.
Si può morire chiamando la mamma.
Si può morire Signore perché ci hai abbandonati.
Si può morire di disperazione, cadendo da cavallo, si può morire bestemmiando, si può morire mangiati vivi, si può morire schiacciati da un pianoforte a coda che precipita dal trentasettesimo piano e manco te ne accorgi, ma ragazzi, sai che spettacolo per chi passa di lì per caso.
Si può morire perché si deve morire, solo i bambini non lo sanno.
I bambini non lo sanno e non lo devono sapere.
Io sono un bambino e so che si deve morire.
Io d’adesso in poi vado all’indietro,
non in avanti,
io divento piccolo.
Sempre più piccolo.
Io sono stanco di morire.
E dunque io non muoio.
Rinasco.

 

© Guido Catalano

photo  Annalisa Falcicchio

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