La luce di un crepuscolo rosato si adagiava morbida sulla provinciale fra Craco e Pisticci, in quel paesaggio d’argilla e luna che si sgretola, come onde che sembrano la perfetta fusione fra mare e terra.

Sul ciglio della strada un cavallo bianco, bellissimo, ci è trottato affianco senza fretta e senza cavaliere, incurante che quella striscia di asfalto sia stata pensata per le automobili, piuttosto che per lui.
In fondo siamo noi a invadere il suo territorio: tutto, qui intorno, ci dice questo.

La giornata volgeva al termine; è stata un cammino morbido fra i paesaggi surreali dei calanchi di Montalbano Jonico e poi nel silenzio ipnotico di Craco, carezzati dai fantasmi che hanno abitato quelle pareti sventrate dalle frane, a sussurrarci le loro storie lente.
La poesia ferita dei borghi disabitati, la bellezza selvaggia della terra Lucana, orgogliosa e antica. Camminare nella natura ci riconnette col nostro intimo, col nostro essere animali sociali e urbani, ossigena la mente con una sferzata energica di creatività. E stimola quel pizzico d’invidia da beati-voi-che-state-sempre-in-giro. Come se si dovesse chiedere un permesso a qualcuno, per occupare così i weekend liberi.
La verità è che svegliarsi prima del sole, di domenica mattina, dopo una settimana di lavoro e dopo essere andati a dormire all’una di notte, poi affrontare chilometri in auto e salite irte ritti sulle gambe, sfidare il gelo dell’inverno richiede una certa determinazione, una propensione – forte – al bello che c’è oltre la patina untuosa dello smog.

Eravamo lì, al tramonto, su una provinciale deserta per cavalli e auto ma poi, dopo un’oretta e mezza, rientrati in prossimità della nostra amata città di mare e vivacità – crocevia di popoli e culture – un’immagine ci ha assalito come uno schiaffo: code chilometriche in tangenziale verso il centro commerciale.
Quelle le sfidate, mi dico. Non vi fanno paura come il freddo e la fatica, nonostante siano infinitamente più malevole. Le sfidate per andarvi a far impacchettare in un mondo di luci fredde e bisogni preconfezionati, dove probabilmente immolerete al dio capitale ben più di quanto abbiamo pagato noi per questa giornata alla riscoperta delle nostre radici intime.

Nessuna pietà per il vostro stress da acquisto compulsivo. Il silente rispetto va, invece, a chi non ha alternative, a chi ci invidia perché vorrebbe libertà ma la vita gli impone costrizione, ostacoli, gabbie. Ma se le gabbie ve le costruite da soli, credo sia sacrosanto che ci rimaniate accucciati, vicino alla ciotola comodamente recapitata da Glovo.

Testo e fotografia di Manlio Ranieri

Beati voi che state sempre in giro by Manlio Ranieri is licensed under CC BY-NC 4.0

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