Lo ammetto: io ero uno di quelli che tendeva a sdrammatizzare, ad allontanare la paura e tenerla alla larga di chi mi sta vicino, a rassicurare e spingere a non lasciarsi prendere da allarmismi ingiustificati.
Il problema è che ho troppa fiducia nel prossimo e avevo sopravvalutato, ancora una volta, la civiltà della maggioranza.
Chi mi sta accanto ha visto la mia delusione nel vedermi annullare per un mese tutto ciò che mi rende vivo e socievole: i laboratori di scrittura, il viaggio a Madrid, tutte le presentazioni e gli eventi legati al mio romanzo appena uscito. Chi mi vuole bene ha sofferto con me e per me, per la stupida ed egoistica sensazione di sentirmi un animale in gabbia. Io non sono mai stato uno di quelli capaci di starsene chiuso in casa a vedere serie TV: la mia vita è socializzare, andare al cinema, incontrarsi e parlare di letteratura, di scrittura, partecipare a gruppi, incontri, eventi, bere la birra o il caffè con gli amici, viaggiare. Però, per fortuna, chi mi vuole bene è stato capace di non lasciarsi intenerire dalla mia delusione.
E oggi, finalmente, dopo che la paura non mi ha sfiorato per mesi, ho pianto.
Ho pianto per la paura di dover vivere in un paese così.
Io non ho paura del virus in sé, ho paura dell’inciviltà, dell’irresponsabilità, dell’incapacità di vedere al di là del proprio orticello.
Ma davvero qualcuno ha pensato che chi ha dovuto prendere delle decisioni così difficili, come paralizzare l’economia di una nazione già in crisi, l’avrebbe mai fatto se non ci fossero stati dei motivi gravi, se non avesse prima analizzato la situazione con attenzione?
Mi ero persino illuso, quando ho saputo della chiusura delle zone rosse, che forse qualcuno avrebbe provato a immedesimarsi, avrebbe capito quanto dev’essere brutto non poter lasciare la propria casa, quando la propria casa sta andando distrutta.
A tutti voi che ve la prendete con chi cerca di scappare dalla guerra – e la guerra non è infettiva, beninteso – chiedo: se non siete stati capaci di fermarvi nella vostra casa solo per paura di dovervene restare chiusi con qualche piccola restrizione per un mesetto, avrete ancora il coraggio di criticare chi fugge dalle bombe e delle atrocità?
La riposta, probabilmente, è sì. L’avrete lo stesso.
E allora la triste e scontata profezia è che ciò che ci sterminerà tutti è l’egoismo, se non saremo capaci di imparare la lezione elementare di questo periodo difficile, ossia che la salvezza passa dall’empatia, dalla capacità di immedesimarsi, di ragionare, di non lasciarsi sopraffare dall’impulsività, dalla pancia.

Manlio Ranieri

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Fotografia di Fabrizio Verrecchia su Pexels

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