La home page del sito dei Radiohead è così: uno sfondo bianco con, al centro, in nero, il nome del gruppo in caratteri sbiaditi. Pian piano, se non clicchi da nessuna parte, se la frenesia del tempo a tua disposizione non ti costringe a deviare l’attenzione verso una delle sezioni rappresentate dai piccoli collegamenti ipertestuali in basso, lo sfondo inizia a riempirsi di saette nere, piccole fratture scure che sporcano il bianco, come se fossero lampi cupi in un cielo chiaro: un temporale in negativo.

Se hai ancora un po’ di pazienza, questi ingarbugliati segni iniziano a riempire lo schermo, a coprire il nome del gruppo, ad avvilupparsi fino a saturare una fetta sempre più consistente del mondo che hai davanti agli occhi.

Mi piace perché lo vedo come una perfetta metafora del mio universo: radici scure che soffocano l’unica certezza, rappresentata dal logo della band, la inghiottono fino a cancellarla e trasformare quella che era la pagina di apertura di un sito dedicato a un gruppo rock in una grande macchia nera. Il buio che soffoca la poesia delle loro parole, delle loro note, di quello che cercavi quando avevi cliccato www.radiohead.com nella barra degli indirizzi per poi perderti – dimentico di quanto eri andato a controllare – in quell’ingarbugliato mondo cupo.

I used to think

there is no future left at all

E poi?

Voglio dire, prima o poi tutto questo finirà, la pagina diventerà completamente nera e non ci sarà altro da fare.

Davvero vuoi perdere tutto questo tempo prezioso a seguire la curiosità di capire cosa ci sarà dopo? Magari non ci hanno pensato neanche loro, magari chi ha sviluppato il sito non avrebbe mai ipotizzato che, in tempi così frenetici che persino leggere un post di cinquanta righe su un blog sembra ai più una fatica insormontabile, ci fosse un pazzo che volesse davvero arrivare a vedere come va a finire.

Ma tu resisti.

Ed eccola, la sorpresa: quando la trasformazione è ormai completa, ecco che sullo sfondo divenuto nero compare di nuovo il nome del gruppo, questa volta scritto in bianco.

E’ un nuovo inizio.

Le saette, ora, sono diventate chiare, e ricominciano a occupare spazio. Ci sono sempre, ma non sono più tetre: sono chiare come un lampo, forse altrettanto potenti, e se è vero che i lampi spaventano e portano pioggia non si può negare, però, che siano energia, che facciano luce nelle tenebre.

E allora cominci a pensare che potresti esserti sbagliato.

I might be wrong

 Open up, let me in

let’s go down the waterfall

A quel punto sposti il mouse fino a far arrivare la freccetta nell’angolo in alto a destra, poi clicchi sulla X rossa.

Tanto lo sai come andrà a finire. Sai cosa succederà quando lo sfondo sarà diventato di nuovo tutto bianco.

Ma ti illudi, per una volta tanto, che avendo chiuso quella pagina tutto questo possa non accadere.

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