Trascorro la serata nel modo peggiore che possa inventarmi: accendo il PC, mi collego a Facebook, cerco il profilo di Vito: sembra giovane, è bello, ha uno sguardo malizioso, sicuro di sé, che guarda lontano, le braccia muscolose e un tatuaggio in evidenza sul bicipite rigonfio.
È l’opposto di quel che devo sembrare io, negli ultimi tempi.
Non sono stato sempre così, non lo sarò per sempre – me lo auguro, almeno – ma oggi rispetto a lui devo apparire patetico.
Rovisto per qualche tragico minuto nella spazzatura del social network, mi perdo in un atteggiamento che ho sempre odiato, temuto, criticato negli altri: lascio gonfiare il mio malessere, lo alimento leggendo la storia delle interazioni fra Viviana e Vito o, quanto meno, quei brandelli paranoici che i due diari mi possono raccontare.
Facebook, in questo, è contemporaneamente il paradiso e l’inferno dei soggetti alienati. C’è materiale per le loro menti compulsive, c’è cibo a sazietà per le loro ossessioni; ovviamente la contropartita è una reazione che esplode in tutto il suo essere malsana, asfissiante.
[…]
Stanotte, penso, il mio Fottuto Orgoglio Maschile si è definitivamente trasformato in Paranoid Android: non aveva più senso di esistere, come tale, quindi si è spogliato della sua parte reattiva, quella che proponeva in qualche modo una soluzione – sebbene suicida – e si è tuffato per sempre nella sua componente apatica e malaticcia.

Da “Se ne vanno tutti” di Manlio Ranieri
Eretica Edizioni, pp.178
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