La Silicon Valley, un luogo di cervelloni tecnologici fucina, ultimamente, di diavolerie che stanno cambiando le nostre relazioni e il mondo, era un posto normale, prima. Se lo sono dovuto inventare apposta il nome di quel luogo, per dire che qui col silicio ci facciamo le cose serie: fatecelo mettere in un microchip, dateci il tempo di uscire dall’Università di Stanford che vi combiniamo tecnologicamente di tutto. Anche qualche casino, probabilmente.

Non lo sappiamo da sempre che la dopamina è una sostanza presente nel nostro cervello e non sapevamo come si comporta. Abbiamo cominciato a scoprirlo intorno agli anni cinquanta, e da allora gli studi non si sono fermati più. E’ una sostanza che funge da mediazione nelle nostre sensazioni del piacere e della ricompensa.

Svolge un ruolo per quel che riguarda il comportamento, la conoscenza, la consapevolezza, le nostre motivazioni, quello che ci gratifica nella vita e in particolare nel sesso, su come dormiamo, sul nostro umore e sulla nostra capacità di attenzione. Il cervello rilascia dopamina quando è in presenza di circostanze gradite quali il cibo, il fare l’amore, l’attività fisica, l’ascolto di musica, la meditazione e lo yoga, ed esplode quando ridiamo e quando abbiamo ottenuto un successo.

Va bene la fai finire la musichetta di Quark e vieni al punto?

Nei social network sono presenti le possibilità di tanti microsuccessi sbriciolati che in realtà sono apparenti.
Ecco perché quando entriamo nella valanga dei  commenti divertenti, oppure otteniamo molti like su uno dei nostri post ci sentiamo così fighi. Sono gli scherzetti che ci fa la dopamina. In briciole. Nelle persone più fragili, proprio perché quella lieve ma intensissima sensazione è davvero irresistibile, questo rischia di diventare l’unico orizzonte di realizzazione, che ci fa apparire gli altri contesti, quelli reali intorno a noi e non virtuali, come più difficili e troppo problematici. Perché una tonnellata di dopamina è tanto più difficile da conquistare.

Chissene, me la prendo poco a poco.

Si parla molto del rischio di dipendenza da internet e nella fattispecie dai social network, proprio per questo. Perché essi ci inducono a pensare che il like sia l’unità di misura del nostro valore di persone.

Il potere dei social nelle nostre vite si nasconde. E’ furbo. Si fa briciola e polverina per insinuarsi più facilmente nel nostro tempo quotidiano e nella nostra mente. Non gli vogliamo dare la colpa di niente, attenzione. I social media fanno parte del progresso e non li cancelleranno mica. Non ce ne sbarazzeremo mai, mettiamoci l’anima in pace.

Ma possiamo stare attenti al nostro livello di consapevolezza. Se no rischiamo di cibarci di briciole. Il rischio di perderci il presente, il vero qui e ora, è altissimo. E’ così buono un cibo sbriciolato?

Mbeh? Sempre cibo è!
Sine ma come te lo mangi, con il cucchiaino? Cosa sei, un passerotto?
E allora? Il passerotto vola!
Sì. Ma tu non sei un passerotto.
Vabbè, ma io che ci posso fare?
Mo te lo dico io.

Possiamo cercarci (probabilmente è già presente nel nostro telefono) una funzione che misuri i nostri accessi, e il tempo che passiamo davanti allo schermo del cellulare, proprio per essere almeno consapevoli della quantità di tempo che passiamo col telefono di fronte (io ho trovato una cosa fantastica, che me lo fa diventare tutto in bianco e nero dopo le dieci di sera! Praticamente un film di Godard!).

Possiamo vigilare sulla qualità delle nostre conversazioni reali, perché il rischio che la messaggistica si porta appresso è quello di impoverire il nostro linguaggio.

Possiamo far sparire il telefono nelle situazioni di intimità. Guardare il cellulare insieme agli amici nello stesso momento non c’ha niente di intimo.

E vediamo di farlo sparire quando stiamo facendo l’amore, per piacere. Perdonate la perentorietà, ma il telefono col fare l’amore non c’entra un cazzo e neppure dopo che abbiamo appena smesso. I cigarette after sex è un nome giustissimo per un gruppo musicale, ma lo smartphone after sex una già presente piaga sociale.

Su Instagram è sparito il conteggio dei like. Non è un tiro mancino. E’ un esperimento. Ed è anche un esperimento intelligente. Qualcosa va cambiando. Questo primo passo prova a ribaltare il modo di relazionarsi ai social network ponendo attenzione più al contenuto che al riscontro del contenuto. Adesso, la sottoscritta spera che non solo si ribalti il tavolo su cui si stava giocando questa lunga partita a scacchi che andavamo perdendo, ma che qualche scacco finisca anche nel camino acceso, e che questo ci porti a cambiare del tutto il gioco.

Buone vivaci tonnellate di dopamina sana a tutti!

Photo by Shi Min Teh

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