C’è più vita, più energia, in un pugno levato al cielo – così meravigliosamente anacronistico e nostalgico – più speranza in due che s’incrociano in una selva di diecimila pugni tesi nell’aria, che in rivoluzioni sterili, urlate in sgrammaticate maiuscole; o in fiumi di editoriali pacati, posati e razionali. Maledetta l’ignoranza arrogante e la saccenza boriosa. Il mondo non va avanti, s’incarta su se stesso, se mancano la rabbia e l’idea.
Ripenso all’esplosività sprigionata dall’attrito di due mani chiuse e tese verso l’alto, che s’incontrano a sugellare il dissolversi, nell’atmosfera, di note cariche di potenza e di rabbia, mentre ancora risuona il messaggio di unità e di lotta.
Siamo borghesi, più o meno ben integrati nel meccanismo schiacciante di questa società capitalistica? Vero. Ma è sempre bene non dimenticare che questo non sarebbe l’unico mondo possibile, se solo avessimo un pizzico di coraggio in più. Che a ogni vita insoddisfacente esiste un’alternativa, ma quasi sempre tendiamo a dimenticarcelo per paura, per pigrizia, o perché con la pancia piena sopraggiunge la papagna e non si ragiona bene. Che non esiste una convenzione che non possa essere rotta, una regola che non possa essere violata.
Alzare i pugni al cielo, a volte, serve: anche solo per provare a non dimenticare che, in un altro momento, quando il futuro non dipendeva da noi, abbiamo sognato in grande. E che, ora che dipende da noi – proprio ora – dovremmo provare a inseguire i sogni, non le strade ferrate, monodirezionali, inderagliabili.
Anche una macchia di sangue, a volte, serve: nonostante io sia un fervente non violento. Ma una macchia di sangue non sempre è violenza: potrebbe persino essere amore, se mi provate a seguire senza fraintendimenti, senza pensare a mariti indegni che picchiano le mogli – che lì, di amore, non esiste nemmeno l’ombra – ma cercando di calarvi nella metafora. La macchia di sangue ci ricorda che, spesso, non esiste l’amore senza dolore. Non esiste la libertà senza la lotta, senza la rinuncia, senza cedere un pezzo di noi stessi in cambio di una promessa di infinite possibilità. L’ingordigia isola in meste prigioni, la bulimia ci gonfia fino a diventare mostri incapaci di vedere persino la punta dei propri piedi. Lo sanno bene i nostri fratelli africani che, ogni giorno, si mettono in viaggio per affrontare il rischio concreto della morte a fronte di una promessa vaga, indefinita: loro, di macchie di sangue, ne hanno viste fin troppe, e della peggior specie. A noi, invece, a volte sconforta persino un alone sulla biancheria. Ma, no, cazzo! Le lenzuola troppo bianche, troppo pulite, troppo asettiche sono noiose, val la pena sporcarle d’amore, alle volte: che poi, durante l’attesa nella lavanderia a gettoni, si potrebbero anche conoscere persone interessanti.

Manlio Ranieri

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