Risvegli (titolo originale: awakenings), per la regia di Penny Marshall con la partecipazione di Robert De Niro e Robin Williams. Esce nelle sale nel 1990, è una storia di rinascita interiore e comunione totale con la vita. Tutto si svolge nel 1969 in una comunità di catatonici (sindrome psicotica caratterizzata dal persistere in un atteggiamento corporeo assunto per imposizione o spontaneamente) i quali non parlano e non si muovono, sono come sfingi immobili dinnanzi agli eventi che gli passano davanti agli occhi; comunicano soltanto passivamente, tramite i bisogni biologici del loro corpo, sono fuori dalla società. Questa sindrome ha colpito una serie di uomini e donne (in seguito all’encefalite letargica, dovuta ad un virus non ben identificato che si manifestò come pandemia tra il 1917 e il 1924) che vivono all’interno di una sezione dedicata di un ospedale del Bronx, nelle mani di personale medico poco attento alla loro sepolta personalità. Sono come esseri biologici senz’anima, e spesso sono solo un peso per le cure che necessitano, non essendo autosufficienti. In quest’ospedale fa domanda di accesso un neuro scienziato (Robin Williams) che fino a quel momento si era dedicato esclusivamente alla ricerca teorica (studiando insetti e piante) e non aveva mai avuto esperienza di terapia con pazienti. Nonostante i medici cerchino di distoglierlo dai suoi propositi, il dott. Malcolm Sayer entra in ospedale e ottiene il posto di medico terapeuta. Il suoi pazienti sono questo gruppo di catatonici, ormai in età adulta, del tutto imbalsamati nelle loro espressioni facciali. Il primo approccio con questi individui è abbastanza traumatico. Comincia a visitare una donna. Cerca di comunicare con lei, provando a dirle qualcosa, ma non ottiene alcuna risposta se non una totale impassibilità; eppure questa donna comprende tutto, la sua anima sussiste comunque tra le tenebre delle malattia. Decide allora di fare un’altra cosa, le getta addosso una pallina; succede l’inaspettato, la donna (Lucy) afferra la pallina. Il medico da questo piccolo gesto comprende il vero male di questi pazienti: l’indifferenza nei loro confronti. Ai problemi neuromotori come aggravante (e forse come causa?) c’è stata la totale indifferenza nei confronti di questi poveri disgraziati.  Tra i pazienti dell’ospedale figura anche Leonard, impersonato da Robert De Niro, anch’ egli è affetto da catatonia, non parla e non si muove. Anche lui però  afferra la pallina che gli viene tirata addosso. Questo spiega che se stimolato un paziente reagisce, se non viene stimolato perisce nell’aggravamento della sua condizione patologica. Il dottor Malcolm Sayer, ha una conversazione con la madre di Leonard e viene a conoscenza della su infanzia e di come poi improvvisamente sia diventato così. Leonard era un ragazzo vivace e pieno di vita, poi ad un certo punto decide di chiudersi in casa e leggere tutto il giorno, perdendosi nella vita fittizia dei romanzi. E’ stato ostacolato, la sua vita è stata troncata proprio nell’atto di spiccare il volo. Leonard amava vivere  e andare a spasso, ma qualcosa o qualcuno ha inibito questo suo desiderio. L’anima, come il corpo, ha bisogno di essere nutrita, questo è il grande insegnamento di questo film. Tramite un farmaco, la L-DOPA (in uso sperimentale per la cura del Parkinson) il medico riesce a far tornare alla vita i suoi pazienti, da qui il titolo del film “risvegli”. Tutti parlano, si muovono, ridono, si lamentano del tempo che è passato. Tuttavia il farmaco ha una durata limitata, presto arrivano gli effetti collaterali, e i malati ricadono nel torpore, salvo ogni tanto risvegliarsi di nuovo. Il film è ispirato ad una storia vera, perché la realtà è fatta di anime che vanno nutrite, sempre.

Giovanni Sacchitelli

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