Sabato 15 giugno alla libreria SPINE, presso l’Officina degli Esordi di Bari, si è tenuto un laboratorio dedicato agli esordienti a cura dello scrittore, editor e autore tv Matteo B. Bianchi. Ne abbiamo approfittato per fargli alcune domande.

Edgar Allan Poe sosteneva che lo scrittore, prima di iniziare a scrivere, deve aver già deciso il finale. Sei d’accordo?

Dipende. Alcuni buttano giù tutto come viene e poi limano, altri preferiscono fare schemi, scalette, schede di personaggi e location. Non c’è un approccio giusto in assoluto, deve funzionare per te e per quel libro. E puoi scoprire qual è il metodo giusto solo scrivendo. Eventualmente si può anche usare un mix fra i due approcci.

Nulla die sine linea, raccomandavano i latini. È la costanza che fa lo scrittore?

Assolutamente. La scrittura è un’attività che di per sé richiede tempo e solitudine; la perseveranza è la cosa fondamentale. Quando scrivi, non puoi sapere se riuscirai a finire il tuo romanzo, se verrà mai pubblicato, se venderà, se sarà apprezzato… È un salto nel buio che richiede una grande fiducia in ciò che si sta facendo. È importante creare un rituale: per alcuni può essere più produttivo scrivere la mattina presto, per altri la sera. Alcuni preferiscono scrivere a casa, in una stanza apposita, altri in biblioteca o in spazi di coworking. La scrittura deve essere una priorità: non bisogna rimandarla continuamente, anche se ci saranno sempre cose più urgenti come pagare le bollette, fare il bucato, cucinare. Ma se molli il romanzo per troppo tempo, rischi di perdere il ritmo.

Può essere utile portarsi un taccuino per prendere appunti?

Può darsi, ma io non lo faccio. Sono d’accordo con Elmore Leonard quando diceva che non c’è bisogno di scrivere le buone idee, perché le buone idee sono quelle che non ti dimentichi.

Quali sono alcuni errori tipici dell’esordiente?

Il desiderio di voler far capire tutto al lettore. Non bisogna spiegare tutto e, soprattutto, non bisogna farlo subito. E non bisogna trattare il lettore come uno stupido. Ovviamente senza esagerare nel senso opposto, diventando troppo criptici. Altro errore è voler iniziare la storia dall’infanzia del protagonista o dal suo risveglio mattutino, meglio un incipit in medias res con un’azione che colpisce il lettore. Stare attenti poi ai linguaggi che non ci appartengono, come per esempio un autore di mezza età che usi uno slang giovanile, mentre i gerghi tecnici possono aumentare il senso di realismo.  E anche il dialetto può dare personalità allo stile.

Come scegliere gli editori da contattare?

Evitare quelli a pagamento, al massimo si può scegliere la strada del print on demand. La cosa fondamentale, però, non è tanto essere pubblicati quanto essere distribuiti; per questo bisognerebbe preferire gli editori che riescono ad arrivare nelle librerie a livello nazionale. Inviare il proprio manoscritto a un grande editore è un po’ come comprare il biglietto della lotteria, le possibilità sono poche. Gli editori medio-piccoli sono più interessati agli esordienti. Importante è anche selezionare editori affini a quello che abbiamo scritto. Non ha senso inviare romanzi a editori che pubblicano poesie, eppure molti lo fanno.

Come si scrive la mail alla casa editrice per proporre il proprio manoscritto?

Innanzitutto, sarebbe meglio indirizzarla direttamente all’editor della collana degli autori italiani. Per capire chi sia si può cercare online, controllare le note dei libri o anche chiamare direttamente la casa editrice. È bene scrivere due o tre righe di presentazione, con un messaggio personalizzato. E indicare sempre all’interno del PDF del racconto o romanzo il nome e cognome dell’autore e come contattarlo. Incredibile a dirsi, ma molti non firmano il proprio manoscritto. Inoltre consiglio di non mandare l’opera omnia, ma solo i primi due o tre capitoli o le prime quaranta pagine. È un modo per non far perdere troppo tempo e anche per incuriosire il potenziale editore. Se è interessato, ti chiederà di inviargli il resto.

Si utilizza ancora il cartaceo?

Ormai per praticità quasi tutti inviano il PDF. Usare il formato standard della cartella editoriale (1.800 battute per pagina) è segno di professionalità e permette di capire subito quante pagine occuperebbe l’eventuale pubblicazione.

A cosa bisogna stare attenti quando si firma un contratto?

È bene far controllare il contratto, prima di firmarlo. Se si ha un agente, se ne occuperà lui. Altrimenti si può ricorrere a un amico avvocato. Oggi sono importanti i diritti secondari: diritti di traduzione, di sfruttamento cinematografico e televisivo, ecc.

Bisognerebbe quindi cercarsi un agente prima ancora che un editore?

In America l’aspirante esordiente contatta gli agenti, non gli editori. L’agente si occupa delle relazioni con gli editor, ha una credibilità e fa scelte mirate, riesce a ottenere una pubblicazione in tempi più rapidi e può ottenere anticipi più cospicui, in alcuni casi può far scattare un’asta fra vari editori. L’agente serio prende il 10% dei guadagni dello scrittore, quindi è suo interesse procurarti il contratto più vantaggioso. Ma in Italia è difficile per un esordiente trovarsi un agente, anche se le cose stanno iniziando a cambiare e ci sono alcuni agenti giovani più ben disposti verso gli esordienti assoluti. Altro discorso sono le agenzie che offrono servizi di lettura e valutazione, che servono ad avere un parere professionale su ciò che si è scritto.

Le scuole di scrittura creativa servono?

Tutti gli scrittori anglofoni vengono da lì. Del resto anche per diventare musicisti o pittori di solito si frequentano scuole apposite, non si capisce perché per gli scrittori dovrebbe essere diverso. Certo, la scuola ti dà degli strumenti e il talento è un’altra cosa. Ma le scuole servono a migliorarsi e ottenere dei contatti.

Le riviste letterarie possono essere un buon trampolino di lancio per un esordiente?

Io sono un veterano del settore, perché ho ideato ‘tina – La rivistina di Matteo B. Bianchi nel lontano 1996, iniziando a pubblicare racconti di amici esordienti. All’inizio la fotocopiavo durante le pause del lavoro da pubblicitario, poi è diventata una delle prime webzine, adesso esiste sia online che in un numero ristretto di copie cartacee distribuite durante fiere ed eventi. Dopo un periodo di appannamento le riviste letterarie sono tornate di moda e sono uno spazio ideale per esordire; su ‘tina hanno esordito autori del calibro di Tiziano Scarpa, Paolo Nori o Antonella Lattanzi. Pubblicare su una rivista vuol dire infatti avere una sorta di lasciapassare, superare una prova qualità. E gli editor spesso cercano nuovi talenti sulle riviste, contattando gli autori per chiedere se hanno un romanzo nel cassetto o se possono tirare fuori un romanzo da quel racconto.

Il sito noioso di Matteo B. Bianchi

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