Perché tutto questo dolore? A te sembra giusto? A me no. Io mi devo difendere

Michele Apicella in Bianca (Nanni Moretti, 1984)

Le parole sono importanti, senza dubbio, e questo adagio  i radical chic lo hanno preso a piene mani dal famoso film di Nanni Moretti, Palombella rossa (1989). Qui, Michele Apicella onovevole del P.C.I.(in seguito ad un incidente si ritrova senza memoria, cerca di recuperare la sua memoria attraverso un riaffiorare di ricordi perduti; tutto questo accade durante una partita di pallanuoto intorno alla quale è incentrato il film), intervistato si scagliava contro l’automatica intervistatrice che a bordo piscina faceva uso di termini in inglese come kitsch e cheap, scatenava l’ira del giocatore di pallamano facendogli gridare “come parla!?!?” “le parole sono importanti!”. Chi parla male, pensa e vive male, lo dice sempre Nanni Moretti in Palombella rossa. L’utilizzo delle parole riflette ovviamente il nostro pensiero, va da sé che se leggiamo cose sbagliate, penseremo cose sbagliate, parleremo in modo sbagliato. La conoscenza delle regole grammaticali ci permette di articolare meglio un pensiero, ma se quest ultimo è già infetto alle radici, allora possiamo anche sfoggiare periodi grammaticali perfetti, ma ci mancherà il contenuto. L’istruzione media inferiore garantisce l’uso corretto degli strumenti linguistici, tuttavia sono pochi in quella fascia di età ad aver voglia di ritenere a memoria le complicate armi del buon parlare. Ma questo è un problema formale. Successivamente a Palombella Rossa (1989), nel 1998 in Aprile dove il protagonista è uomo politico e padre [sul senso di questo film vedi un mio vecchio articolo, Aprile] si preoccupa dell’educazione di suo figlio come azione dalla quale poi risulteranno determinate conseguenze; ha paura che al figlio vengano le spallucce da debole come i tennisti, ha paura di far vedere al figlio Strange Days [pseudo film futuristico] perché le nostre scelte, cosa decidiamo di vedere creerà il nostro carattere. Gli stimoli del mondo esterno creano la base per la nostra concettualizzazione. Pensiamo il mondo esterno a partire da esso. Sempre Nanni Moretti mi suggerisce nuovi frame a riguardo. Ad esempio in Bianca (1984), il professor Apicella, sapendo dell’assenza del professore di educazione fisica, si assume la responsabilità di sostituirlo sottoponendo gli allievi ad un esercizio fisico estenuante, arrivando anche alle mani con un ribelle; in Caro Diario (1993) si fa ironia su due genitori che sono completamente asserviti al figlio, leggendogli addirittura Leibniz o Tacito, ed è lo stesso film in cui il protagonista fa “pio pio” al telefono. Pio pio, come esempio linguistico di un rapporto padre-figlio deviato, in cui non c’è una figura superiore in grado di educare (superiore nel senso di maggiore età, esperienza per dare principi), ma un rapporto di sudditanza al  roi enfant. Come dimenticare per i cultori del cinema morettiano, il grigio professore di  Sogni d’oro (1981) Lei è un arido, ed io la disprezzo (il commento di Laura Morante). Anche in quel film, Michele Apicella cerca di stabilire un legame forte tra educazione-pensiero-linguaggio, ma ottiene la diffidenza degli” studenti”, insulti e mancanza di attenzione proprio quando si spiega il massimo esempio di rifiuto del contemporaneo: Leopardi. Non a caso Michele Apicella parla di “pessimismo cosmico”. Le parole sono importanti a fortiori per il protagonista (Don Giulio) di La messa è finita (1985). Chi meglio di un prete può parlare di educazione? In quel film il fallimento è inestirpabile. Don Giulio andrà in un posto dove la gente è semplice, lontano dalla modernità incorreggibile. In Ecce Bombo (1978) ancora Michele Apicella, cerca di mettere in guardia l’amica da un rapporto solo di sesso: “me la sono fatta” così dirà di te. Ecco, questo è un esempio di parole utilizzate male e di un pensiero infetto da cui discendono.

Questo vale anche per l’utilizzo eccessivo dell’inglese e per per i famigerati social network. Utilizzare i social sicuramente non aiuta a pensare bene e a parlare bene, sia per la maschera formale che lancia una miriade di contenuti (spesso di marketing), di persone e di” amici” o potenziali tali, sia per i contenuti in diretta. Il mondo esterno, quello tangibile, è così perfetto e frutto di un’armonia prestabilita intelligentissima, da non reggere il paragone con il mondo informatico. Sia quello dei siti, che quello dei programmi di messaggeria. I bambini non devono usare il computer, tantomeno i social network. Perdiamo la responsabilità di porre davanti ad uno schermo di plastica una vita in evoluzione, che necessità di stimoli belli per vivere bene e parlare bene! Vedere contenuti malsani di rapper che incitano alla droga e al nichilismo idiota non fa crescere bene! Non è un modo di pensare moderno quello di dare ai nostri piccoli la macchina informatica in mano sin da tenera età.  Non siamo genitori modello, siamo degli idioti irresponsabili. Immaginate la differenza tra un individuo che cresce a contatto con le bellezze naturali, il fratello sole del padre della letteratura italiana (per chi ha studiato) Francesco D’assisi; le bellezze del giardino dell’eden che ancora è possibile ammirare nelle bellezze della natura, incomparabili al blu puffo di facebook o il grigio inespressivo di instagram. Non sono social, sono rottura delle relazioni. Non uniscono, separano. Incitano alle bellezze volgari delle show girl, ai protagonisti di serie stupide, oscurano il pensiero profondo. Niente di più salutare che unire alla maniera rinascimentale (ed io potrei riempire volumi su questo argomento) la salute del corpo, con la salute della mente. Leggiamo cose belle e vediamo cose belle. Buttiamo via lo smartphone (telefono talmente intelligente che dopo un tot di anni diventa vecchio, perché? Si chiama obsolescenza programmata ed è una strategia tecnica per invitare al consumo) e curiamo la nostra intelligenza. Mi piacerebbe fare uno studio su quanto la rivoluzione tecnologica nella telefonia ha reso gli individui più stupidi del solito. Ma non sarebbe possibile, la tecnologia fa solo bene, direbbe qualcuno. Finchè non cureremo la nostra intelligenza, anziché creare prodotti smart, saremo degli stolti, finchè ci limiteremo a vedere quella squallida vetrina di persone che è facebook, non avremo il coraggio di parlare di persona a chi ci interessa. Facile nascondersi dietro un software! Parla di persona, guarda negli occhi, esprimi parole d’amore a voce ferma. Esprimi il tuo like dicendo “sei bella” “mi piaci” “hai dei begli occhi”. La tecnologia non fa bene. Un adulto può fare autocoscienza, un adolescente no. Ma gli adolescenti, citando Moretti, parleranno sempre male.

 Giovanni Sacchitelli

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