Cerco un modo per non sottrarmi al presente, queste parole forse riusciranno nel loro intento. Le persone intorno a me si stanno imbruttendo. È la guerra, lo so, ed è un processo che andrà avanti fino a quando quest’orrore non finirà.

Per fortuna le guerre le ho studiate, non solo, avendo la fortuna sinora di non combatterle, mi sono nutrito dei racconti di Tolstoj, di Hemingway, di Celine, di Audie Murphy… per non parlare delle cronache e dei miti sulle guerre del lontano passato.

Viviamo in un’epoca di semplificazione assoluta, la mente umana è stata talmente abusata e inquinata negli ultimi decenni che solo semplificando, si pensa, si può mirare a essere compresi.

Se volessimo semplificare la guerra, potremmo dire che è un confine, tra l’essere umano a fatica ingentilito, la cosiddetta persona che incontriamo in autobus, per strada, e che ha imparato a stare tra i suoi simili, sotto il deterrente di leggi e castighi, e l’essere umano primitivo, in tutto identico a quello che eravamo migliaia di anni fa, e che saltuariamente siamo ancora, come quando varchiamo il confine, ci togliamo la maschera di persone gentili e diamo inizio all’orrore.

In questi giorni assistiamo a scene terribili, la sola eccezionalità di questa guerra sta nel fatto che le immagini che ci arrivano sono tantissime; la verità che si può scorgervi è altro discorso. Superato il confine, la verità diviene un mero concetto, che non serve a salvare la pelle e solo per questo non esiste più.

Il problema, visto da chi non combatte, è che se non sei stato in guerra, o non conosci davvero i meccanismi della guerra, non comprenderai nulla di quello che accade, sarai sopraffatto dagli eventi e contribuirai al disordine.

In guerra salta ogni schema, ogni regola. Solo per chi porta la maschera della persona gentile, valgono le regole, l’essere primitivo le accetta e si mette la maschera perché leggi e castighi gli garantiscono una vita sicura. Se questa sicurezza viene meno, come in guerra, la maschera da persona gentile e civilizzata diviene solo un impaccio che ti farà ammazzare prima.

Non volendo dire cose già dette, mi limito a sintetizzare che: ogni azione tesa alla cessazione immediata o a brevissimo termine del conflitto è utile al ripristino della pace. Ogni azione che può prolungare il conflitto è utile all’aumento delle vittime e della distruzione.

Poiché noi siamo Italiani, e visto che le guerre sono fenomeni tra Stati, dovremmo ragionare (per quanto ancora riusciamo) tenendo in conto gli interessi del nostro Paese e la nostra Costituzione. In periodi come questi è vitale avere dei punti fermi.

La questione che qui tengo quantomeno a mostrare è quanto, nel mio Paese in particolare, si sia diffuso, e temo impiantato, quello che chiamo il pensiero unico accettabile, fenomeno pericoloso e privo di eleganza ma interessante da studiare.

La guerra in corso in Ucraina ha solo contribuito a esasperare questo fenomeno, già evidente nel periodo contiguo della pandemia da covid. Ciò che scatena la necessità da parte delle persone comuni di adunarsi, per così dire, sotto uno stesso pensiero unico accettabile, un’unica voce corale, non è come qualcuno pensa la semplice paura, ma l’orrore.

La parola orrore, è usata in letteratura per indicare la paura dell’ignoto, di qualcosa che sappiamo ci farà molto male, ma che cresce e si alimenta nella nostra immaginazione. Per questo motivo sfugge alla nostra razionalità. Se una paura non è individuabile, visibile, circoscrivibile, se non ha argini o elementi per essere affrontata, diventa appunto orrore. Annichilita la ragione, si resta in balia degli istinti e peggio ancora dalle pulsioni. Istinti e pulsioni sono proprie più dei ragazzini che degli adulti. Nel libro Il potere, Bertrand Russell fa l’esempio di un gruppo di ragazzini scalmanati, lasciati soli in una casa per molto tempo senza alcuna autorità. I ragazzini sarebbero rimasti restii all’autorità di un adulto intervenuto in corso d’opera, finché la situazione si fosse mantenuta tranquilla, non appena ci fosse stato un pericolo, come un incendio o altro, i ragazzini, scalmanati sino a poco prima, avrebbero volentieri seguito l’autorità dell’unico adulo presente, sperando di trovarvi la salvezza.

Sono state dinamiche simili che hanno portato milioni di italiani molto critici e faziosi, da sempre riluttanti a seguire le regole dettate dal Governo di turno, ad allinearsi al pensiero unico accettabile, anche se espresso da maggioranze politiche e leader diversi.

Purtroppo le dinamiche becere di tifo tra fazioni non sono finite allo sciogliersi di quasi tutte le squadre. Lo scontro aspro, privo di elementi dialogici, ma cercato al solo fine di insultare l’altro, si è polarizzato prima sulla questione vaccino e pandemia, ora su quella guerra e armamenti. Domani si sposterà su una nuova faccenda, se non s’interviene per uscire da questa sorta di trappola.

Se anche non si è inclini all’estetica o alla dialettica, un dibattito che è puro scontro non porta a nessuna idea utile o soluzione; inoltre contribuisce a infuocare gli animi, ad alimentare quegli istinti e quelle pulsioni che già stanno lavorando al posto della razionalità.

La faccenda non inquina solo salotti televisivi o pagine di giornali, ma la società nei suoi strati più profondi.

Il fatto che vi sia un pensiero unico accettabile e che a questo sia legato un desiderio di sicurezza e autorità, fa apparire ogni altra idea, opinione o proposta, bizzarra, perché si teme attenti l’idea di sicurezza. Tutto questo processo sfugge alla nostra razionalità e ha a che fare con l’inconscio, per questo fatichiamo a vederlo e combatterlo.

Se mettiamo nel calderone del bizzarro ogni idea difforme dal pensiero unico accettabile finiremo col perderci possibili vie d’uscita dai problemi di oggi e di domani. Val solo la pena ricordare che le soluzioni a situazioni critiche nel corso della storia, i grandi progressi, sono venuti sempre a partire da intuizioni, idee, lavori, di individui che erano fuori dal coro e al principio anche incompresi o osteggiati.

Il diritto costituzionale alla libertà di espressione, l’autonomia fisica e intellettuale dell’individuo, l’ascolto attento delle minoranze, sono vitali per la comunità.

Gestire comunità sempre più grandi fa sì che l’autorità prediliga l’omologazione e il controllo, al posto dell’autonomia e della libertà. Questa strategia però paga nel breve periodo, presto o tardi le culture così appassiscono, sono sopraffatte da culture più giovani, o vitali, o solo più prepotenti.

Il solo augurio che posso farmi è che ognuno coltivi la sua autonomia intellettuale, la sua libertà di pensiero, anche e soprattutto quando è diversa dal coro, dal pensiero che sembra l’unico accettabile. Il futuro e il presente della collettività dipendono da ogni singolo essere umano. Sta tutto a ognuno di noi.

 

© diritti riservati Davide Venticinque, 2022

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