Converse e zainetti con le toppe. Dove andare se non c’è una meta. L’asfalto consumato, reso lucido dalla pioggia, qualcuno corre e poi cade scivolando sulla strada gremita di teste rasate e colorate. Bisbigliano, gli angoli della bocca si piegano verso il basso, i volti si contraggono in smorfie da kabuki mentre li osservano dimenarsi sotto le giacche di pelle. Lo sguardo fiero non tradisce, alleato di quelle giovani anime che combattono, aggrappate ad una fragile radice che spunta dal vuoto che le reclama.

Scioperano portandosi dietro un amplificatore, le loro voci si uniscono alle note che raccontano di lotta contro sbirri e pregiudizi. Io li osservo dalle fessure della persiana socchiusa, sono fermi sotto la mia finestra. Mi aspettano. Mi vesto in fretta, cercando di intrappolare le ciocche unte e scivolose in una coda male in arnese, addento una fetta di pane tostato, è ruvida e mi graffia il palato. Una voce alle spalle intima di non seguirli, una mano scabra serrata sull’avambraccio mi attira verso le sabbie mobili dell’ignoranza, l’hanno risucchiata da bambina, quando a nove anni andava al torrente a lavare mutande con la cenere per i fratelli più grandi. “Lasciami andare, devo andare” bofonchio, la voce strozzata dal pane. Senza incontrare il suo sguardo non più deluso, non più incollerito dall’incapacità di comprendere. Mi calmo e mi volto. Due inferni vuoti al posto degli occhi, un fantasma dal passato.

Mi guardo intorno e poi in basso, verso il pavimento. Sono in ciabatte e intorno a me non c’è nessuno. Sono sola nell’appartamento vuoto ormai da anni, sepolta sotto le incrostazioni del tempo passato a rimettere in sesto la mia vita. Addosso ho una vecchia giacca di pelle dalla fodera rotta ed un vecchio pigiama rattoppato, da bambina. Mi guardo allo specchio e mi rendo conto che è successo di nuovo, ho pensato di vivere un’altra vita. Quella di un’adolescente che sciopera perché vogliono chiudere il suo liceo. Ma io un liceo non l’ho mai visto. L’ho solo immaginato tante volte, grazie alle storie degli altri. Le ho cucite insieme in un canovaccio che non è mai andato in scena. Mi lascio cadere sulla poltrona e poi accendo la tv. Una donna con dei lunghi capelli biondi mostra come abbinare delle scarpe ad un abito senza spalline. Le pupille si dilatano fino a farmi lacrimare. Sto indossando quel vestito, pronta per andare a teatro.

La copertina: Never stop running, Trentemøller


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