Tutti quanti stiamo vivendo, ciascuno a modo suo, questo periodo legato alla pandemia: non solo chi lavora negli ospedali, né esclusivamente chi ha attraversato la malattia o ha perso un parente per colpa del Covid-19.
Tutti ci portiamo dentro delle ferite, legate alle libertà negate, all’impossibilità di vivere delle vite normali, alla paura.
Quel che vorrei dire a gran voce, adesso, è: non c’è niente di male.
Sono stanco di sentirmi ripetere che è egoismo il rivendicare le proprie ferite, o che non è rispettoso verso chi sta lottando in prima linea fra la vita e la morte o dall’altro lato della barricata, ossia quello di coloro che cercano ogni giorno di salvarci.
Posso abbracciarli tutti idealmente, fare del mio meglio per non favorire il diffondersi dell’epidemia ma, al tempo stesso, urlare al mondo che anche questo mi fa male.

Fuori splende il buio
Dentro vedo solo nuvole

Così dice Frankie Hi-NRG MC nella nuova, bellissima canzone che ha appena pubblicato.

Brandelli d’estati passate date per scontate
Esser liberi non ha un prezzo calcolabile
Né quando ce l’hai, né quando la stai per perdere

Diciamocelo, raccontiamoci l’illusione dei giorni di luglio e agosto quando – non ce lo nascondiamo – chiunque si è illuso in un angolo remoto della mente che tutto fosse finito: anche i più paurosi, anche i più prudenti.

Sto per piovere
Altre lacrime, bagnano pagine, ancora da scrivere
Guardo il foglio e vedo solo nuvole

Sono grato al rapper per aver descritto così bene questa sensazione asfissiante: l’impossibilità di riuscire a esprimere il proprio disagio che, per chi con le parole e la narrazione ci lavora, è una sensazione soffocante. No: non è soffocante come la mancanza d’aria di chi finisce in terapia intensiva per colpa del Covid-19. Lo sappiamo. Ma è soffocante.
Non è una gara a chi sta più male.
Mai.

Padre contro figlio già sappiamo che è uno sbaglio.

Forse la parte più bella e acuta della canzone è la seconda strofa, in cui Frankie Hi-NRG MC descrive con la sua consueta arguzia l’assurdo meccanismo che ci porta a metterci l’uno contro l’altro, a trovare sempre l’errore commesso da chi non si comporta secondo le istruzioni del governo e dei comitati scientifici, senza mai chiedersi cosa ci sia dietro, senza mai cercare di mettersi nei panni dell’altro.
A fine maggio, nella mia città, un ragazzo è stato scoperto sul luogo di lavoro quando doveva essere in isolamento domiciliare perché positivo al tampone. Si è subito scatenata la rabbia di una pletora di benpensanti (ve lo ricordate il grande successo del rapper torinese “Quelli che benpensano”?) che lo accusavano di incoscienza, augurandogli il peggio.
Beh, questo ragazzo aveva paura di perdere il lavoro di lavapiatti in un ristorante, e per questo ha nascosto al capo di essere positivo. Questo ragazzo viveva in un sottoscala assieme alla sua famiglia di nove persone. D’accordo: si è comportato in modo incosciente, ma provare a capire perché l’ha fatto sarebbe stato utile anche a noi, che magari abbiamo trascorso il lockdown in case confortevoli.

Nei comuni
Che fanno alzare i droni, a inseguire dei ladroni
Fin nei corridoi e negli androni
Corridori pelandroni, via nelle campagne tra gli agricoltori
E trottan tra trattori e detrattori
Simulando come attori, scivolando dai balconi
Trascinando cani di cartone sui vialoni
Alani cogli aloni
Cogli le occasioni, cogli un mazzo di gerani
Che i vicini cogli occhiali ad infrarossi stanno a fa’ gli infami
A quelli come te che non se ne stanno a casa
A quelli come me che non escon mai di casa
A quelle come lei che stanno tornando a casa

E mi trovo a chiedermi chi è quella lei che sta tornando casa, in quest’ultimo verso: e se fosse una donna costretta a rimanere chiusa in un appartamento con un marito violento? Se fosse, invece, la mia amica che rientrava dopo il suo ultimo giorno di lavoro, costretta a chiudere per sempre il pub che gestiva perché non riusciva più a far quadrare i conti, con i suoi soci?
Facciamoci un regalo: ascoltiamo questa canzone attentamente, svisceriamo ogni singola parola, perché c’è del genio in ogni verso.
E, se ci va, piangiamo una buona volta.
Per le nostre piccole ferite, per le sirene che squarciano l’aria da mattina a sera, per i morti, per i medici e gli infermieri allo stremo, per le libertà che ormai vediamo come un miraggio, per i cinema e i teatri chiusi, per tutti quelli che ci lavorano.
Non è una gara a chi sta più male.
Se lo capissimo, saremmo sulla buona strada per quel famoso “ne usciremo migliori” che, ormai, suona soltanto beffardo.

Testo e fotografia di Manlio Ranieri

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*