Ero arrivata in città che ormai il sole era basso. E pensare che fino a poco prima sorvolavo l’Italia da migliaia di metri nel cielo azzurrissimo. Ma l’autunno di Torino mi ha consolato con quelle sue maledette foglie che scricchiolano fra le rotelle del mio trolley. Si impigliano e ogni tanto devo fermarmi a staccarle. Mentre costeggio la Dora borbottante penso che tutto sommato è una meraviglia il calore dell’autunno torinese con tutti quei suoi gialli.
Mi sono incamminata per il vialetto deserto. Mi avvolge, morbido. In fondo c’è il palazzo dai mattoni rossi. Ho alzato il passo contenta e trotterellante e quasi non mi scontravo con l’unico passante, frastornata dal sapore dolce del tempo che si avvolge.
È sera e non c’è quasi nessuno nel viale. Sono tutti al caldo delle famiglie, intorno a tavole piene e luci accese.
Solo quattro uomini, seduti sul parapetto giocano a carte. Voci straniere e vite lontane, mentre il fiume mugugna al loro fianco.
Siamo tutti un mazzo di carte all’imbrunire. Io mi sento come il nove di coppe che cavalca sola nell’ultimo pezzo di viale ancora deserto.
Ecco, sono arrivata. Ora ho una casa anch’io, una tavola piena e luci accese. E una finestra che guarda sul viale. Sul fiume e sull’autunno.
Mischio le carte. Si ricomincia una nuova partita.

Uno scritto di Maria D. Pilolli, direttamente dal corso di scrittura on line e interattivo Le cose dei cassetti
condotto da Antonella Petrera per Colori Vivaci Magazine

Photo by Daniel McCullough on Unsplash

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