L'orizzonte di senso - La scrittura che insegna la vita

Esiste un concetto, in letteratura, che sembra un po’ complicato, ma che possiede come un’anima di luce che irradia di senso la parola scritta.
Il concetto è quello delle Assi del linguaggio e la paternità della teoria è del linguista svizzero Ferdinand de Saussure (1857-1913).
Il linguista individuò due livelli della comunicazione scritta e una inestricabile interconnessione fra loro.
I livelli sono quello sintagmatico e quello paradigmatico.
Se apriamo questi scrigni apparentemente inaccessibili ci troviamo dentro una magia.

Per spiegarli de Saussure ipotizzò un diagramma cartesiano che, per chi – come me – non metabolizza bene la matematica, è quella ELLE costituita da una linea verticale (quella delle ordinate) e da una linea orizzontale (delle ascisse).
Orizzontale è un aggettivo meraviglioso, contiene l’orizzonte, ed è su questa linea che il linguista collocò il livello sintagmatico.
Questo livello è costituito dalle parole che si usano per descrivere un concetto, nell’ordine esatto che conferisce il senso della frase.
Per farlo si attinge a un ventaglio ampio di parole possibili che de Saussure collocò sull’asse verticale delle ordinate.
Quindi in questa relazione sintattica abbiamo alla fine distesa sulle ascisse la frase che abbiamo composto, reale e viva di inchiostro, mentre sulle ordinate restano tutte le parole che non abbiamo usato, come barattoli di caramelle che potremmo mangiare in un secondo momento, o lasciare lì per sempre.

Ed è adesso che vi racconto la magia.
Quando ero all’università, la docente di Teoria della Letteratura ci spiegò tutto questo, poi ci chiese:
“Secondo voi qual è la differenza che passa fra la vita di tutti i giorni e un romanzo, o un’opera teatrale, un film?”
Furono bisbigliate delle ipotesi, poi lei si fece più vicina e disse: “Il finale. E il finale è costituito dalla somma di tutte le scelte operate fra queste relazioni.
E’ il livello sintagmatico che riunisce tutto quanto è stato scritto fino a quel momento e gli attribuisce un senso. Nel quotidiano questo non succede. Arriviamo alla fine e tutti i giorni che abbiamo vissuto sono accaduti come per caso.”
Ci sono momenti che sono linee spartiacque; nella mia vita quella lezione segnò un solco profondo, una specie di trincea che separava il regno dell’ordine da quello del caos.
L’idea di poter afferrare un concetto così squisitamente letterario e spalmarlo sulla composizione dei giorni fisici e tridimensionali della vita mi suscitava un fascino implacabile.
Non perché avversassi il caso – è meraviglioso pensare che accadano cose e persone su cui non abbiamo il minimo controllo – ma l’idea della scelta si è come impossessata di me.
Lo scaffale delle ordinate è quello dei mille destini possibili, mentre l’orizzonte delle ascisse è l’ordine con cui io scelgo di disporre tutti gli accadimenti e dare loro un senso.
Come quando Truman Burbank, nel finale di The Truman Show, raggiunge l’orizzonte di carta con la sua barca, e lo buca, perché a dispetto di ogni scenario cucitogli addosso, lui decide di combattere il fatalismo con la scelta.
E diviene libero.  

Capire che il finale non è solo l’ultima scena, ma è l’intreccio fitto della sintassi dei nostri giorni, scritti come frasi di cui abbiamo scelto con cura ogni singola parola.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*