In questo scritto i corsisti dovevano narrare di un’attesa.
Una cosa, una persona, qualcosa per posta. Francesca narra di un’ attesa che sa finire, e narra in modo molto maturo le conseguenze. La sua protagonista indaga coraggiosa, si sa porre delle domande scomode, e non compie sconti nemmeno con se stessa. La sua prima persona, poi, conferisce al testo un pathos molto potente.

Aspettare. Pensavo di riuscire a farlo quando ti ho detto di andare a guardare se non ci fosse qualcosa più di noi. I miei capelli grigi ti hanno ingannato e tenuto su un terreno di certezze; riparo e galera. Non pensavi l’avrei mai detto, non pensavi l’avrei fatto, lasciarti andare così lontano, tanto da perdere le tue sonnolenti coordinate. Ti volevo disorientato nel tempo e nello spazio ma ora un’ombra di piombo mi accompagna in ogni gesto. Ho un lucido ricordo del tuo profilo. Un misto di gioventù e acciacchi, la barba bianca ma ben rasata, perfetta. Voglio ancora quel ruvido soffermarsi guancia a guancia del tempo in cui il bacio delle labbra era troppo breve e prolungavamo il contatto come a dire non te ne andare, mai! Voglio ancora sapere che nei tuoi occhi c’è un guizzo positivo, senza guardarti, al di là dei dolori e della rassegnazione della nostra età anziana. Ma non sento più nulla, vengo a cercarti e le tue palpebre mi evitano. Insopportabile! Ora sei chissà dove a cercare informazioni dentro di te su come accontentarmi o forse a cercare qualcosa che infine soddisfi te stesso. Ti ho lasciato partire convinta che la solitudine reale sarebbe stata più tollerabile di quella solitudine con te accanto; ma il mio cuore compresso mi sussurra stupida stupida vecchia, perché non hai fatto come tutte le vecchie del mondo con i mariti? Borbottano, borbottano ma non si esce da quella casa, non si esce dal cuore!

Uno scritto di Francesca Balducci, nel corso di scrittura on line Chiaroscuro Vivace, che tengo per Colori Vivaci Magazine
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Immagine copertina: Moviescapes Master Theo Angelopoulos from Greece in his Weeping Meadow Trilogy

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