Che strano rumore fa il vetro sul pavimento.
Vero, Mamma?
Mi piace appoggiare la testa nella piega del tuo gomito, Mamma. Sento l’odore di camomilla, quella del sabato pomeriggio.
Il giorno in cui accendi le candele intorno alla vasca e le ombre si ingrandiscono sulla volta della sala da bagno. Mi sento potente nella figura allungata del corpo. Sono alta, altissima e forte.
Tu sai dell’Orco che viene di notte, mi dici di accendere le luci, ma lui, Mamma, non va via. Rimane lì a fissarmi nei fasci di luce e ombra e mi tocca nelle forme arrotondate dei miei seni acerbi.
Tu, Mamma, fai finta di non sentire. Ti chiudi in camera al buio, nel silenzio dei codardi, salvo raggiungermi quando senti sbattere la porta dell’ingresso e rotolare a terra la bottiglia del Chivas.
Che strano rumore fa il vetro sul pavimento.
Vero, Mamma?
Parte spedito per poi indugiare indietro e rotola, rotola, ma non si rompe.
Non mi rompo nemmeno io, Mamma. Accendo la luce, mi spazzolo i capelli, apro le persiane e faccio entrare la luce a spazzare l’odore di sesso e violenza.
Quanto è bella questa luce, Mamma?
Acceca e cancella.
“Non è successo niente, vieni fra le mie braccia”, mi dici mentre incastro il volto nella piega del tuo gomito che sa di camomilla e mi dondoli fra i seni flaccidi e le gambe violentate.
La luce scivola sulle pareti indignate e sconvolte.
Un pomeriggio, Mamma, ti chiesi io di venire fra le mie braccia.
Non c’era più odore di camomilla, ma di vergogna e di sperma.
Non c’era più odore di camomilla, ma di sangue.
Che strano rumore fa il vetro sul pavimento.
Vero, Mamma?
Un testo di Stefania Armentano per il laboratorio di scrittura
Photo by Dave Hoefler on Unsplash
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