Se c’è una certezza nella vita è che il Natale arriva, prevedibile, puntuale, inesorabile come l’influenza in inverno o la sciatica di nonno alla prima pioggia autunnale.

Anzi ultimamente, come se le sciagure nella vita non bastassero, questo Natale inizia a diffondersi nell’aria sempre più in anticipo.

Quand’ero piccina il Natale iniziava con la prima domenica di Avvento, non potevano esserci fraintendimenti.

Dicembre trascorreva tra la novena di Gesù Bambino e i lavoretti scolastici fatti di mollette, colla, paillettes e pigne colorate, il cui risultato discutibile abbelliva le tavolate della festa, dove questi obbrobri kitsch facevano bella mostra di sé come centrotavola.

Adesso iniziano a fare capolino lucine intermittenti colorate per le strade, piccoli babbi natale che ammiccano subdoli dalle vetrine già all’inizio di novembre.

Praticamente noi siamo ancora in spiaggia a goderci le calde giornate di sole del Sud e questi cominciano a spruzzare finta neve appiccicaticcia e dorati pacchetti regalo infiocchettati ad ogni angolo.

Sembra quasi che tra il Ferragosto e il Natale non ci si possa permettere un sospiro, un riposo, un tempo del nulla.

Ma che bisogno ci sarà mai di riempire?

Riempire, tema focale del Natale: a Natale si riempiono i pacchi, si riempiono i negozi, si riempiono i tortellini di zia Maria, si riempiono le pance.

Pranzi che si fondono con la cena in un unico turbinio di portate che si susseguono inesorabili in un crescendo pericoloso, fino ad arrivare  al trionfo di pandoro con la crema di mascarpone che ogni anno diventa sempre più impegnativo e tende a riproporsi con facilità il giorno dopo.

Di fatto si tratta di quindici giorni che richiedono un investimento emotivo ed una preparazione fisica degna dei marines americani.

Una corsa continua, una corsa per i regali, una corsa per preparare meraviglie culinarie, una corsa per organizzare eventi aziendali eleganti, cene alla moda tra amici, fine anno originale, trendy, a la page ….

Per non parlare dei pranzi familiari con nonno ormai sordo come una campana, nonna che continua a chiamarti col nome di tua cugina, mamma sull’orlo di una crisi di nervi, zie e zii che appaiono nella tua vita con la stessa frequenza dell’aurora boreale, cugini/e che hanno puntualmente una vita più figa e ben inquadrata della tua ed uno stuolo di parenti che non sapevi neanche di avere.

E tu sei lì ferma a pensare che prima o poi sto 7 gennaio deve arrivare! Perché  l’unico spirito natalizio che tu conosci è quello che usava nonna per fare il limoncello!

A questo punto non mi rimane che adattarmi e scrivere anch’io a Babbo Natale, chissà che non si impietosisca..

Caro Babbo per quest’anno vorrei che finalmente si vietassero i canditi nel panettone, tanto tutti li odiano e finiscono per rimanere desolati e tristi sul fondo del piatto.

Vorrei che qualcuno mi spiegasse il senso dei botti per strada, quasi a riprodurre un clima da bombardamento in un paese dove tutti si fingono pacifisti.

Vorrei che queste festività non fossero sempre indissolubilmente legate allo stare in famiglia, perché magari c’è chi la famiglia non ce l’ha, o se ci è rimasto lontano per tutto l’anno un motivo ci sarà.

Se poi posso puntare in alto…vorrei trovare sempre parcheggio in centro, vorrei non dovermi angosciare per le misure del bagaglio a mano ogni volta che volo con una certa compagnia aerea, vorrei aprire la cassetta della posta e trovarci dentro una lettera, come accadeva una volta.

Vorrei che non fosse scritto a caratteri cubitali quando abbandoni un gruppo su whatsApp e vorrei fossero banditi tutti trenini che scattano alle prime note di Maracaibo.

Forse sto chiedendo troppo, caro Babbo, ma una cosa la vorrei, vorrei  provare quella elettrizzante sensazione che ti da la speranza di un nuovo inizio non solo a capodanno, ma ogni giorno.

Rimango in attesa di riscontro, cordiali saluti.

testo di Nicla Gadaleta

foto dal web

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