In “Poesia vivace” abbiamo parlato di pace
Ispirati e preoccupati da quanto sta succedendo nel mondo, nel laboratorio Poesia vivace, l’ultima settimana, abbiamo voluto parlare di pace.
Di seguito i componimenti che i partecipanti hanno prodotto. Credo che davvero valga la pena di prendersi dieci minuti per leggerli tutti, e lasciarsi accarezzare da questo senso di terrore e speranza, lasciarsi redimere.
SENSO di Anna Materi
Chi sono più io?!
Sono troppo piccolo per saperlo già
ma viaggio da giorni ormai
papà è sfinito
mamma è persa nella mandria dietro
il passo è troppo lungo per mia sorella
disegnavo la pace
con pennarelli di oro
vivo la guerra
ma non ho capito ancora
se sono vincitore e diverrò vinto
o se da vinto un giorno sarò vincitore
questa cosa ancora mi sfugge
nel passo svelto di mio padre
ho perso il senso
eppure cercavano di spiegarcelo a scuola
poi le bombe
una due tre trecento tremila
colpi di missili terra aria
si dice così vero
lo sentivo spesso alla tele
mi hanno detto che la pace è quando non c’è la guerra e la guerra porta solo morti e distruzione
mi hanno insegnato a colorare la guerra di nero e a lasciar di bianco per la pace
mi hanno insegnato un bel po’ di cose a scuola
ma a me continua a sfuggirmi il senso
del passo svelto di mio padre
di quello corto di mia madre e di mia sorella
della pace bianca come il fumo che esce dopo che è caduta una bomba
della nera guerra come i fucili e i missili e le bombe
mi sfugge il senso
io non l’ho ancora capito.
Inizio a pensare che io sia stupido
o che senso non ci sia.
Il passo è svelto
la sete è tanta.
Devo andare.
Trovatelo voi
anche per me.
LA SCELTA di Feliciana Zuccaro
Vidi un leone e un agnello avere la stessa voce.
La voce si fece silenzio e lontano furono le nubi.
Le nubi non erano più nostre e il cielo fu terso.
Il cielo terso sulle nostre teste creò speranza.
La speranza ci impose di vivere.
Vivere fu la scelta.
La scelta non ebbe i mezzi e ci costrinse ad abbandonare le armi.
Senza armi provammo a ballare.
A ballare e a comporre nuove melodie.
Melodie e palme sventolavano per una nuova esistenza.
I CRATERI DELL’ARANCIA di Annalisa Falcicchio
Avevamo camminato in lungo e in largo
ai bordi
del gorgo del nulla
Non ci eravamo accorte che quel nulla
Era tutto
Nei colori che sanno d’arancia e saliva dolce
Negli sguardi trafitti
Un sorriso poteva pagare gli affitti
Nei denti bianchi
Ho riconosciuto tutti i tuoi giganti
E adesso
Proseguiamo
Te lo ripeto che ti amo
Nella costruzione della magia
Vi è soffio di malinconia
LA VITA E LA FANCIULLA di Claudia Muscolino
Tieni sono per te
ciuffi d’erba e fiori
sradicati tra le mani.
I fiori devono restare
uniti alla terra
cercai di spiegarti.
Mi guardavi con occhi
pozzi di stelle e di
stupore senza colpa.
Non conoscevi la violenza
la morte che strappa
via i respiri dai corpi.
In un giorno d’estate
ti insegnai
cos’è l’amore
eterno per la vita.
UTOPICA di Umberto Antonio Savino
Cadeva come una carezza
dall’alto.
Quasi come biblicamente si
aprisse il cielo e colomba
candida col volo la sancisse.
E si placano gli animi,
le smanie, l’egoismo, il
desiderio spasmodico di potere e supremazia.
Si arrendono gli uomini e le cose
soggiogati adesso da qualcosa di più alto
che non conoscono, che ignoravano
fino a ieri. Oggi no.
Oggi aprono gli occhi e nuovi
sensi, quasi prima non li avessero
mai adoperati. Ripuliti, senza filtri
grigi e stantii ormai putridi
cadenti in terra. Lì proprio
sotto i loro piedi perché
ne possano serbare sempre memoria
ma mai rammarico o colpa.
FASCINAZIONE di Tiziana Natilla
Odore di fascine bruciate,
nel frattempo dal fuoco annerite
son pronte oggi a essere risuscitate.
Foschia di prima mattina,
assiste alla serranda che si solleva.
Si crogiola la gatta supina,
incede lenta la longeva.
Silenzi calmano la bambina,
lieviti che nell’impasto la mamma metteva.
Sole che cuoce di pietra la banchina,
mentre il canide al cielo lo sguardo leva.
Preoccupazioni esplodono serrate,
“andrà tutto bene” voi dite,
ma bombe continuano a essere lanciate.
Un rumore assordante non è la cura per una stupida otite.
ALBA di Manlio Ranieri
Smetteremo un giorno
di raschiar la crosta
di ferite antiche
per scrutare l’orizzonte
del dolore altrui?
La resa delle armi
passerà da qui
un viottolo lastricato
della felicità del vicino
o delle sue
intime lacerazioni.
Quando
ci guarderemo attorno
lì spunterà alba
per noi
per loro
(Fotografia di copertina di Manlio Ranieri)