Il secondo libro di questa ripresa da autore/rapper che scrive/wannabe scrittore/ex giovane promessa si intitola Uno Pari ed è del 2015.
Da Questa è casa mia (e dalle emozioni di tornare a fare un prodotto indipendente) sono passati tre anni. A scriverlo adesso mi chiedo: perché ho fatto passare tutto questo tempo?
La risposta che mi do è che forse, in quel momento, non mi sentivo ancora a livello.
Forse avevo ancora la mentalità che scrivere un libro fosse qualcosa in più, un modo per farsibbello con le ragazze? Un hobby? Qualcosa di simile a un piano B?
Le ragioni sono centomila. Ma è vero il fatto che arrivo al post summer 2015 che tutto a un tratto, dall’oggi al domani, mi rituffo in un progetto, in una trama, in un libro.
Ho scritto tanto nei mesi precedenti, ma senza mai trovare un plot solido. Ho anche fatto esperimenti di vario genere (come scrivere una sorta di Harmony in una notte, pubblicandolo al mattino su ebook e raggiungendo, non so come, il secondo posto nella narrativa rosa).
Poi ho lavorato tanto.
E ho fatto anche un sacco di party.
Infine mi chiudo in casa per un mese e scrivo il mio libro più lungo.
Si intitola Uno Pari ed è un super match tra il terremoto dell’Emilia, la storia di un calciatore che torna a giocare in seconda categoria, una cantante, un tifoso.
Di questo libro ricordo le canzoni che ho ascoltato, i video del terremoto, l’innamorarsi dell’attitudine emiliana nel reagire a un disastro.
E poi il profumo dei campi di pianura, i trattori che passano alle spalle degli stadi, i lampioni dei paesi quando li raggiungi dal casello dell’autostrada.
Di questo libro ricordo il tour, montato in fretta e furia, le sue date, le recensioni, il silenzio fuori delle librerie, di quando torni nei posti che pensavi ti appartenessero e che invece poi si sono persi via. Di questo libro ricordo la voglia di innamorarsi, il desiderio di estate, di Italia, di lambrusco, di campi illuminati dalle lucciole prima di
correre a casa.
E poi la follia di voler ricostruire subito, senza far passare nemmeno un attimo.
La scena dell’escavatore, di quando una persona giudiziosa sceglie l’incoscienza, perché è lì che sta la speranza.
O lei che corre a piedi scalzi con i sandali nella mano, verso quello che è stato e
sarà ancora il suo sposo.
E poi la gratuità dell’amore.
I volontari.
Le bandiere sui tetti.
Tutto il campo fatto di corsa.
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