MEDEA: Ratio e Furor

 

Mia la Colchide e la cabala,

auspici e veleni.

Questo cuore barbaro

archetipo di ogni stregoneria,

dal credo Wicca alle arti oscure.

Mio l’impossibile

declinato agli opposti,

zenit e nadir

di uno stesso luogo meta-umano.

Libero lo spirito di frontiera,

tra esoterismo e isteria,

sortilegi e preghiere.

Avvinta la duplice anima ai tuoi lombi.

Sporcandomi di sangue e astuzia,

per la tua gloria.

Ogni tuo respiro mi appartiene.

Tua maga, amante e sposa.

Osi adesso mandarmi via,

per Corinto,

per un altro talamo.

Lontana la casa di mio padre

e i miei animali.

Cosa farne di questo folle amore?

Tale la devozione da giustificare ogni efferatezza.

La tua strega d’Oriente.

Ad un altra donna i tuoi occhi. Ed io impazzisco,

convulsi i pensieri e le membra.

Io muoio….

rovente furore nelle vene.

S’infiltra l’atroce dolore in ogni dove,

entro i margini del mio corpo…

e si contrae s’addensa lacera e stordisce.

Prostrata la mia grandezza

alle tue misere ragioni.

Cosa farne di questa rabbia?

Se morissi non riuscirei a goderne.

Ciò che hai di più caro al mondo,

ciò che hai di più caro:

il tuo stesso sangue..

se pure mischiato al mio.

E sarà immenso

questo mio dolore…

Soffrendo per intero ti guarderò soffrire la metà:

naufrago della vendetta un grande amore,

non perde d’intensità,

ma cambia di segno.

Delia Cardinale

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