“Può darsi che i politici non frequentino il teatro – il teatro logicamente non è obbligatorio -, oppure che frequentino quel teatro che teatro non è, ma spettacolo, e che fa parte della cultura dell’immagine, rappresentato da strutture dove, …. – non si fa altro che ripetere l’ovvio o riproporre mistificanti modelli televisivi, privando l’arte scenica della sua forza primaria: lo spaesamento, e quindi lo spiazzamento dai luoghi comuni tramite l’evento teatrale che coinvolge in un unico processo e in uno spazio e in un tempo veramente reali, attori e spettatori per la creazione e prefigurazione di nuovi mondi possibili.
La differenza è che lo spettacolo rappresenta il già noto per un ascolto passivo, laddove il teatro ricrea una nostalgia per una vita altra, da rivendicare poi nel quotidiano.
L’arte scenica, quindi, come bellezza che svela la terribilità dell’esistenza per poterla superare, assemblea democratica, paradigma di una democrazia reale, luogo dell’igiene mentale e di previsione di modelli di relazione.”
(Leo De Berardinis – Per un teatro pubblico popolare)


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