William Shakespeare non cessa mai di affascinare, questo è certo.
Del resto, se una tragedia come quella di Romeo e Giulietta attira ancora a teatro un pubblico variegato, equamente diviso fra tutte le fasce d’età – dai più giovani ai pensionati – non le si può che riconoscere di essere immortale, sempre viva, capace di toccare l’anima.
Se poi ci si mettono l’estro e la creatività nato dall’incontro delle compagnie La luna nel letto e Teatro Excelsior di Bucarest, ne viene fuori una versione che risulta incredibilmente attuale e contemporanea. Tale è, infatti, lo spettacolo Romeo e Giulietta – Romeo și Julieta in scena fino a domenica 12 novembre al Teatro Piccinni di Bari, con il patrocinio del Teatro Pubblico Pugliese.
Lo spettacolo è un adattamento – rimodernato ma fedele – della celeberrima tragedia Shakesperiana, in cui la famiglia Montecchi ha origini rumene e in casa Capuleti la nutrice proviene dalla stessa nazione, e ha insegnato ai suoi rampolli la lingua. Ne nasce uno spettacolo frizzante, dinamico, in cui l’italiano a volte si mescola al rumeno per poi lasciare emergere l’inglese del Bardo, e a volte alcune scene molto dinamiche sfociano in danze moderne.
La scenografia è essenziale, un paio di lampade orientali e un crocefisso la trasformano in una chiesa, e una serie di pannelli su diverse altezze creano il celeberrimo balcone di Giulietta: tutte ambientazioni talmente radicate nell’immaginario collettivo, da non necessitare che di un cenno, perché la fantasia voli esattamente là.
Vi sembra troppo ardito?
Tutt’altro: con queste trovate moderne, le due ore in cui si dipana la storia non cesseranno un attimo di tenervi incollati alle poltrone, e la lingua aulica di Shakespeare – mantenuta per dare giusto peso ai passaggi più drammatici – si stempera in quel misto di idiomi che risulta così attuale e contemporaneo, a volte quasi ironico, ad alleggerire il peso di una storia che – lo sappiamo tutti, non rischio di fare spoiler – non porterà a nulla di buono.
Il mondo cosmopolita di oggi sembra voler emergere prepotentemente. La nutrice rumena ci riporta a una realtà che fa parte sempre più spesso delle nostre case e delle nostre vite. Lo scontro fra le due famiglie nobili veronesi si tramuta quasi in una guerra fra nazioni e culture.
Al termine dello spettacolo l’atto finale non perde per nulla il suo climax, ci lascia con le lacrime di commozione e la sensazione di ingiustizia nel cuore, che poi sfocia nel lungo e meritato applauso alla compagnia e al regista pugliese Michelangelo Campanale.

Fotografia di copertina: Mariagrazia Proietto

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