In questo esercizio i corsisti erano invitati a scrivere collocando i personaggi all’interno di una vicenda storica significativa per loro. Io ho scelto la vita di Caravaggio, vista dagli occhi di Lena, una domestica che ho immaginato lavorare a casa Colonna, dove spesso Caravaggio si è rifugiato.
Ranuccio Tomassoni, pace all’anima vostra, ma se non foste stato assassinato io Michelangelo non lo avrei conosciuto.
Lena si lecca le dita e le infila nel sacchetto del pigmento blu. Con la polvere preziosa che diviene subito pasta comincia a carezzarsi lasciando righe selvagge sul suo corpo, mentre danza lieve con se stessa. La luce dal camino scoppia lucciole finte che dialogano nei vapori e porta bagliori sulle sue labbra dischiuse. Essere a servizio di una famiglia importante porta i suoi vantaggi. Quando i Colonna vanno via da Paliano lei usa le stanze da bagno. Spera che mettendosi addosso tutto il blu che lui ha lasciato si consumi, insieme a quello che le ha piantato ad arderle nell’animo, una musica che desidera essere danzata. Michelangelo il blu non lo usa, ed è partito per Malta, ormai. Vorrebbe proteggerlo lei, da tutto quel che l’inquieta, così come la padrona Colonna lo protegge dai guai.
Dicono che la figlia di Orazio, Artemisia, stia dipingendo rapita dal suo incanto. Il mio coraggio non è della stessa sua fattezza.
La mia è furia. Ah, quelle tenebre che gli passavano in un lampo negli occhi! Continuino a dipingere e a raccontare.
Splendente di quell’azzurra nostalgia Lena si immerge tutta nella vasca di legno. Non respira. Silenzio. Nessuno la privi di quell’amore. Non respira. Silenzio. Riemerge, grida di acqua in una tempesta di schizzi e prende violenta tutto il fiato che le è mancato. Sorride.
Non andrete mai via dal mio blu, Caravaggio.
Foto tratta dal volume La tavolozza e la spada, Milo Manara, Panini.
Un racconto di Antonella Petrera, prodotto durante il corso Presa sul serio, presa per gioco ispirato a Fabrizio de Andrè.
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