Nella sua borsa c’era sempre un rossetto, un mascara e un paio di forbici. Ritagliava Noa. Ritagliava i suoi spazi con cura, seguiva con lama e accarezzava con dito i contorni dei corpi celesti che le ruotavano attorno. Continuava a ferirsi, ma ritagliava di nuovo.
“Tutto parte dall’inquadratura. E’ una questione di angolazioni” si ripeteva Noa, “da quanta importanza dai allo spazio interstellare fra le cose e quanta ne dai ai buchi neri fra le persone” continuava a pensare mentre un campo di papaveri rossi si stendeva sulle sue labbra.
“Abiterò la strada” scelse, quando mise a fuoco la sua camera da letto e la vertigine divampò. Cominciò a camminare a passo vago, incerto, instabile ma adorno, appassionato, con una sfocatura onirica d’incanto.
Aveva un piano di ripresa per se stessa e ciglia lunghe e nere che sfumavano l’orizzonte.

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