I corsisti dovevano produrre uno scritto
in cui dare risalto al ruolo della luce nella narrazione. Angelica è stata particolarmente brava nel delineare il personaggio di Aristide con pochi tratti maestri e nelle ultime righe nel descrivere una luce che si espande a ritroso su tutto lo scritto.

La prima e unica cosa bella che il professor Aristide vide quel giorno fu lo scintillio aghiforme del mattino attraverso i pini che circondavano casa sua.
Intorno a lui solo il ciarlìo dei tordi rompeva l’irreale sospensione dei rumori tipici di una giornata comune. Forse era festa, ma quale festa? Ci pensava già da un po’ mentre zappettava qua e là, liberando con colpi netti i solchi umidi delle primizie da esistenze vegetali inutili. Si sentiva un Minosse bucolico che separava le dannate erbacce dai frutti buoni . Anzi no, forse non era Minosse, era Caronte o Ulisse. No, Ulisse non c’entrava niente con questo argomento. Annaspò e stava per naufragare nel gorgo di domande che dilagavano concentriche in una parte imprecisa della sua mente, domande a cui era negato il ricordo di una risposta a lungo termine, ma si salvò scegliendo l’ignoranza, per una volta. Decise di non indugiare e riprese possesso di sè: dunque, ricapitoliamo, questo è il mio orto, queste sono le mie piante e io sono Minos… ma no io sono… Vabbè lasciamo perdere chi sono. Concentriamoci sul giorno, credo che oggi sia festa. Sì, mi ricordo! C’erano due giorni rossi attaccati sul calendario e questo silenzio, poi… Sì oggi è festa! Esultò sollevato risalendo dal vortice. Ma fu un attimo. Ma che festa è? E perché la signora che vive con me si avvicina con un pezzo di stoffa sul volto? E perché mi sta dicendo che devo metterla anch’io? La luce del giorno si gonfiava radiosa come una mongolfiera. Ma dentro di lui era già sera.

Uno scritto di Angelica Didio, nel corso di scrittura on line Chiaroscuro Vivace, condotto da Antonella Petrera per Colori Vivaci Magazine.

Fotografia di copertina: © René Maltête

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