Metamorfosi è il gelo dell’inverno che arriva e artiglia il cuore trafitto dalle parole di Giuda. È questa l’atmosfera su cui si apre il nuovo lavoro dei Violet tears, band gothic-dark in attività da più di quindici anni.
Chi ha dimestichezza con l’ambiente non può non lasciarsi andare in un tuffo nostalgico a cavallo fra gli anni ’80 e i ’90, navigando le sonorità fra i The Cure di Pornography e i Fields of the Nephilim, con il basso a dettare le linee melodiche e chitarra e tastiere a ricamare atmosfere. Ma tutti i riferimenti alle altre band perdono appiglio quando entra in gioco la voce di Carmen De Rosas: unica, prepotente nei suoi ricami, marchio di fabbrica del quartetto barese.
I primi quattro brani crescono in ritmo e intensità, e dalle atmosfere gelide di “Inganno” si arriva al ritmo irresistibile di “The lovers” – potenziale singolo da grande pubblico – e alla chitarra graffiante di “To the life”.
È a questo punto che subentra la voce di Claudio Contessa, che ci accompagnerà per i successivi quattro brani, e quando inizia “Spazi artificiali” sfido chiunque a non sentire i Litfiba di Desaparecido o 17 re. L’ultima canzone del set con voce maschile viaggia su un giro di basso irresistibile, per poi traghettarci verso il finale, affidato di nuovo alla voce femminile e al ritmo ipnotico di “The drowning of my hopes”, che va sfumando in un lungo finale in cui perde uno strumento alla volta, fino a lasciarci soli – appunto – con il ritmo della batteria.
Metamorfosi è un tuffo in un ambiente oscuro ma morbido, suadente. Assolutamente da ascoltare.

Manlio Ranieri

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