Non c’è storia più interessante di quella del mastodontico transatlantico che nel 1912 colò a picco nell’oceano atlantico. L’interesse è suscitato dal fatto che una nave definita inaffondabile, quale prodigio dell’ingegneria navale (aveva una propulsione a vapore, per una velocità massima di 26 nodi circa 48 km/h), si inabissa, dopo essersi spezzato in due enormi tronconi. Il titanic era lungo 269 metri, alto 53 metri e largo 28, un vero gigante per l’epoca. Per la sua particolare costruzione (i compartimenti stagni) avrebbe potuto galleggiare anche con una falla, tuttavia lo scontro con l’iceberg avvenne in maniera tale che furono inondati non 4 bensì  5 compartimenti stagni (infatti se anziché virare in direzione contraria e mandare i motori  indietro tutta, la nave avrebbe colpito frontalmente l’iceberg causando l’allagamento dei primi due compartimenti), rendendo inutile anche il lavoro delle pompe idrauliche. Oltre ai dati tecnici, il Titanic rappresentava un’ epoca (quella della belle epoque, quindi l’età della floridità, del lusso e del benessere) che con tutte le sue sfaccettature (dalla prima fino alla terza classe dei “plebei”) si muoveva sul gigante navale. Una serie di accorgimenti avrebbero potuto evitare il peggio, ad esempio avere più scialuppe (sproporzionate rispetto ai 2200 passaggeri), essere comunque più oculati alla timone, evitare di costruire un salone per le feste che invece poteva essere un’altra camera a compartimento stagno. Tutti questi accorgimenti non possono che venire fatti a posteriori. Nessuno, quando la nave salpò a Liverpool, pensava che un gioiello della tecnica potesse essere sconfitto dal un gigante ancora più forte, come diceva Melville nel Moby Dick, il Dio oceano. Il titanic si inabissò ad una profondità di 3800 metri nelle acque gelide dell’atlantico. Fu sconfitto da una montagna di ghiaccio di 30 metri d’altezza per 100 di lunghezza. Proveniente dalla Groenlandia in quel momento era  in transito nel nord atlantico, impattò il piroscafo provocando una falla sotto la linea di galleggiamento che squarciò la lamiera d’acciaio. Dopo circa tre ore l’impatto (avvenuto alle 23. 40 del 14 Aprile 1912) il titanic (prima di essersi spezzato in due tronconi) cola a picco nell’oceano gelido. Il trionfo di stile di tutti gli abitanti della nave, la prima classe delle elites sociali, viene distrutto nella sua vanagloria. La natura, questo insegna il naufragio del titanic, è più forte dell’uomo. Anche l’acciaio più spesso non può nulla contro una montagna di ghiaccio, infatti la collisione con l’iceberg sviluppò una pressione di 985 k/cm² sulla murata del transatlantico, mentre l’acciaio avrebbe potuto resistere massimo ad una pressione di 750 kg/cm². Figlia della natura artica muove lentamente i suoi passi indisturbata. Il titanic era una vera e propria città galleggiante (cafè parisienne, il grande scalone di prima classe, la grande sala da pranzo, sala di lettura e di scrittura. Le cabine di prima classe erano le più eleganti di qualsiasi altro transatlantico), entro di esso le contraddizioni sociali e i rapporti di forza erano miniaturizzati nella suddivisione delle classi (dalla prima all’ultima in ordine di altezza dei piani). Il titanic era un po’ il simbolo della società primo-novecentesca che si avviava agli anni del benessere, ma pochi anni dopo, l’incubo del primo conflitto mondiale.

Soltanto nel 1985, grazie alle tecnologie (che non potevano esserci nel 1912, rendendo difficile il ritrovamento del relitto) più avanzate fu localizzato il relitto. Giace a 1600 km da New York, in pieno oceano atlantico.  La spedizione, diretta da Jean Luis Michel e Robert Ballard della Woods Hole Oceneographic istitution, localizzò il titanic grazie a dei robot. Fino al 1 settembre 1985 nessun tentativo di ritrovamento fu effettuato.

Giovanni Sacchitelli

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